CERRO MAGGIORE

Omicidio sorelle Agrati, "Giuseppe non ha agito con premeditazione". Ecco perché

Rese note le motivazioni della Corte d'Appello per l'uomo accusato di aver ucciso le due donne nell'incendio della loro casa di via Roma nel 2015: niente più ergastolo ma 25 anni di reclusione.

Omicidio sorelle Agrati, "Giuseppe non ha agito con premeditazione". Ecco perché
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Omicidio delle sorelle Agrati di Cerro Maggiore: le motivazioni della sentenza di Appello.

Omicido delle sorelle Agrati, "non ci fu premeditazione"

Il 21 dicembre 2021 era stato condannato alla pena dell'ergastolo, pena contro la quale si erano opposti i suoi legali ossia Giuseppe Lauria e Desiree Pagani Un mese fa la sentenza della Corte di Appello: 25 anni di carcere. L'imputato è Giuseppe Agrati, 70enne di Cerro Maggiore, in carcere dal novembre 2019 e accusato di aver ucciso le sorelle Carla e Maria nell'incendio della loro casa di via Roma nell'incendio nella notte del 13 aprile 2015. Lui l'unico sopravvissuto. La sentenza di primo grado (il caso era stato avocato dalla Procura generale della Repubblica di Milano dopo che l'ex pm della Procura di Busto Arsizio aveva chiesto l'archiviazione) era stata chiarissima: Agrati aveva agito piazzando nella casa due tre inneschi per il fuoco (uno al piano superiore dove vi erano le sorelle e altri due nel piano terra) per poi mettersi in salvo. La sentenza, che parlava di movente economico (soldi dell'eredità), aveva più volte sottolineato come l'uomo avesse rilasciato dichiarazioni più volte contradditorie tra loro oltre a un comportamento anomalo quale "il non aver avvisato nessuno che all'interno vi erano le due sorelle" e "cercando di ritardare l'intervento dei soccorsi". In questi giorni sono state rese note le motivazioni della sentenza di Appello: Agrati è stato riconosciuto come colpevole della morte di Carla e Maria, confermata la "discontinuità" tra le fiamme al piano terra e quelle al primo piano (il che sta a significare diversi punti di innesco) ma il giudice, che ha rigettato il ricordo della difesa del cerrese, ha tolto la premeditazione scavando nello stato mentale di Agrati: "Le circostanze - tutte indubbiamente provate - non depongono affatto a riscontro della premeditazione ma sono soltanto prova certa del dolo - si legge nelle motivazioni di secondo grado - Non possiamo individuare negli atti il momento dell'insorgenza del proposito criminoso, o quello in cui l'occorso è stato raggiunto". E ancora: "L'aggravante del mezzo indidioso - la sola rimasta a poter condutte alla pena perpetua - diviene più agevolmente bilanciabile con le circostanze generiche sul presupposto che se la prima esprime la sua essenza di maggior disvalore criminoso nella complessiva insidiosità del comportamento, le secondo, da quest'ultimo, non possono prescindere quando esso è, o appaia, espressione non già di una accentuata pericolosità sociale dell'imputato bensì di una sua instabilità ovvero squilibrio psicologico".

I prossimi passi

Ora la palla torna alla difesa di Agrati che dovrà decidere se presentare, o meno, ricorso in Cassazione.

 

 

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