"No alla guerra" in Consiglio comunale
L'intervento del consigliere Airaghi per presentare l'ordine del giorno per chiedere il cessate il fuoco in Ucraina
Il consiglio comunale di Cornaredo approva all’unanimità l’ordine del giorno che, riprendendo le parole di Papa Francesco, chiede il «cessate il fuoco» in Ucraina.
Cessate il fuoco
Primo firmatario dell’Odg il consigliere comunale cornaredese di Sinistra per Cornaredo Renzo Airaghi.
Un anno fa, esattamente il 7 marzo, questo Consiglio approvava un ODG con un astenuto che univa la propria voce a quelle che in Ucraina, in Russia e in tanti altri Stati nel mondo chiedevano di fermare la guerra e i nazionalismi. Chiedevamo all’unione Europea di impegnarsi per fermare le armi, e riprendere la strada della diplomazia partendo dal rispetto degli accordi di Minsk e di Helsinki con il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dei popoli, dell’inviolabilità delle frontiere e di un’Ucraina libera in una regione senza frontiere. Dopo un anno purtroppo la guerra non si è fermata anzi sta sempre più diventando una guerra dai contorni di guerra mondiale. Se vogliamo interpretare questo conflitto allora certamente ognuno avrà una propria opinione che quasi certamente ci dividerà. Secondo alcuni l’intervento russo è l’espressione di un conflitto di civiltà; è motivato dall’odio verso l’occidente, verso l’Europa e la sua democrazia; per altri causato dall’estensione della Nato a est; oppure mira a ricostruire l’impero zarista o l’Unione Sovietica ( non si sa bene); o per la situazione della popolazione russofona del Donbass. Ognuno vede un motivo secondo la propria visione del mondo. Queste “spiegazioni” hanno però due conseguenze che hanno un forte impatto sul presente ma anche sul futuro.
Pagano i popoli
In primo luogo la guerra non si ferma e chi ne paga le conseguenze è il popolo ucraino, i lavoratori, le donne, i bambini e gli anziani con distruzione e morte prime vittime innocenti dell’invasione russa e hanno loro si tutto il diritto di difendersi e di resistere. Ma anche i soldati russi mandati, anche loro innocenti, al macello per una guerra di cui molto probabilmente non ne conoscono le ragioni; così come ne stanno pagando le conseguenze in Russia chi si oppone alla guerra, i pacifisti, gli attivisti sindacali, gli operatori dell’informazione vittime della repressione del regime moscovita. L’altra è quale Europa avremo dopo, ritorneremo alla contrapposizione dei due blocchi, alla guerra fredda, alla rincorsa degli armamenti; altro che mondo più solidale, più democratico, più accogliente e con relazioni amichevoli tra i popoli. Quanti anni ci vorranno per poter costruire un mondo dove i rapporti tra i popoli siano amichevoli, dove ci sia il rifiuto incondizionato della violenza. Non si è equidistanti, si sa distinguere fra aggressori e aggrediti, condividiamo il verdetto sull’aggressione russa come violazione fondamentale del diritto internazionale.
Condividiamo anche la convinzione che vi sia un fondamentale dovere politico e morale di non indietreggiare di fronte alla violenza aggressiva senza resistenza. Ma tutto ciò ha i suoi limiti in altri doveri dell’etica politica a partire dalla voce della ragione che non può essere ascoltata quando è sovrastata dal rombo del cannone. La guerra non è mai la soluzione; la guerra è il problema. E fino a quando l’uomo non sceglierà di rinunciare alla cultura della guerra, in ogni sua forma e dimensione, in ogni sua manifestazione, l’esistenza stessa della vita degli esseri umani su questa terra sarà sempre più a rischio di finire. Per questo chiediamo, come fa papa Francesco, a Putin di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte. Ecco perché chiediamo al Zelensky di essere aperto a serie proposte di pace. Proposte che, come dice papa Francesco, devono salvaguardare da un lato la sovranità e l’integrità territoriale e dall’altra i diritti e le legittime preoccupazioni delle minoranze. Ecco perché pensiamo che ad un anno dall’inizio di questa guerra e di fronte all’escalation che anche attraverso la fornitura di armi da parte degli USA e dell’Europa sta spingendo l’incendio anche fuori dai confini dell’Ucraina con conseguenze immaginabili; occorre scegliere di stare dalla parte delle vittime ma non chiedendo di “smettere di difendersi” sapendo però che la linea di demarcazione è il livello di distruzione e sofferenza umana tra i civili ucraini. Anche la legittima resistenza ad un aggressore raggiunge ad un certo punto una sproporzione intollerabile. Ma chiedendo a tutti i protagonisti della vita internazionale un passo indietro a partire dal “cessate il fuoco”, il ritiro delle truppe di invasione e il diritto al ritorno dei profughi e degli sfollati; alla autonomia (non la separazione) delle repubbliche del DONBASS come previsto dagli accordi di MINSK su cui la Russia era concorde; alla ridefinizione dell’avanzamento della NATO verso est perché la sicurezza di un paese o regionale non può andare a scapito di altri paesi espandendo i blocchi militari. Un tavolo dove nel più breve tempo possibile dare vita ad un confronto serio tra tutti coloro che si riconoscono nei valori della pace, della giustizia sociale e dei diritti umani. E non solo per il popolo ucraino ma per l’umanità intera perché da come usciremo da questa guerra sapremo che cosa aspetta ai nostri figli, ai nostri nipoti; come usciremo da questa guerra sarà scegliere se accendere e rinvigorire focolai di guerre vecchie che ci sono sparse nel mondo oppure no e se aprirne altre. L’escalation degli armamenti che si è attivato con questa guerra potrebbe essere l’inizio di una corsa agli armamenti globali con conseguenze catastrofiche, non da ultimo per la salute globale e il cambiamento climatico. Nonostante tutte le differenze è importante lottare per la pace mondiale e nella speranza di un futuro insieme senza divisioni nel mondo.