Giacomo Poretti, famoso componente del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, è in scena con il suo spettacolo “La fregatura di avere un’anima” al Teatro Oscar di Milano. Poretti è nato a Villa Cortese e ha lavorato all’ex ospedale di Legnano.
Giacomo Poretti in scena con “La fregatura di avere un’anima”
La fregatura di avere un’anima. E’ questo titolo del nuovo spettacolo di Giacomo Poretti, celebre componente del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, in scen al Teatro Oscar di Milano. Messo in scena martedì 18 novembre 2025, ci rimarrà fino a domenica 30 novembre 2025. Come sempre una scenografia semplice, umile, tante risate ma anche momenti di profonda riflessione come capita sempre negli spettacoli di Poretti, nato a Villa Cortese ed ex infermiere e caposala all’ex ospedale di Legnano. Messa in scena del suo nuovo libro, La fregatura di avere un’anima si concentra proprio su questa parola di cinque lettere. Tutto inizia da quando una mamma e un papà diventano genitori e un anziano sacerdote dice loro: “Bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima”. Da qui il protagonista, Giannino (sul palco c’è solo Poretti) inizia un suo personalissimo viaggio-combattimento proprio con quella parola. Si scontra con il mondo d’oggi, sempre iperconnesso e lontano, arrivando a dover prendere una scelta importante per il proprio figlio.
La nostra intervista
– Come mai si parla di “Fregatura di avere un’anima” e quale il messaggio che lancia dal palco?
“E’ lo spettacolo che nasce dal romanzo che è appena uscito, per Baldini e Castoldi, ed è l’ennesima ripresa di questo tema, l’anima: la prima volta che l’ho affrontato era il 2018 con il mio primo monologo e poi, di volta in volta, ha subìto delle variazioni molto sostanziali. Questa, spero, sia l’ultima. Il tema è complesso e, al tempo stesso, leggero; nasce tutto dalla provocazione che il protagonista dello spettacolo riceve, insieme alla moglie, quando nasce il loro figlio: un vecchio sacerdote dice ‘Bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare un’anima. E da lì inizia tutta la difesa di un uomo moderno che è definito da un account, da uno username e non pensa all’anima. Si ride molto perchè, al tempo stesso, è una critica alla tecnologia e alla modernità, cose che pensiamo ci risolvano i problemi quando in realtà ce li complica. Perchè è una fregatura avere un’anima? Perchè questa parolina, che sembra gentile e leggera, in realtà si impone molto, chiede di essere ‘frequentata’ e di essere interrogata”.
- La parola anima riporta subito alla mente la religiosità. Che rapporti ha con la fede e la religione?
“Il messaggio che dà lo spettacolo, che non dà risposte, nasce proprio da questa cosa: insieme al protagonista, nasciamo in un’epoca in cui la spiritualità è assente e, di conseguenza, anche la religiosità, senza aderire per forza a una confessione. Il fatto è che nessuno si pone più le domande fondamentali, fino a qualche decennio fa c’era ancora qualche traccia di interesse al ‘Chi ci ha fatti?’, ‘Perchè ci ha fatti?’, ‘Come mai?’. Ormai la vita sembra una cosa scontata, anzi un diritto: invece, essendo vivi, vale la pena di interrogarsi su come siam finiti qua”.
- Lei è nato a Villa Cortese, conosce benissimo Busto Garolfo e poi è stato infermiere e caposala nell’ex ospedale di Legnano. C’è qualcosa del nostro territorio che viene portato in questo spettacolo?
“Il protagonista dello spettacolo, siccome fa riferimento addirittura alla propria nascita, ovviamente riporta alle atmosfere di questo territorio, sono quelle della provincia milanese degli anni Sessanta, che hanno avuto una grossa influenza su di me. Basti pensare che ognuno di noi ritiene che da piccolini, prima dell’adolescenza, ci sia un imprinting molto forte. E’ capitato anche a me, frequentando un po’ l’oratorio, luogo decisamente protagonista in quegli anni. Adesso forse un po’ meno e questo è un peccato”.
– A dicembre esce al cinema “Attitudini: nessuna”, docufilm sul trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Cosa ci si deve aspettare? Ci saranno poi altri film del trio? Nel docufilm c’è qualcosa del nostro territorio?
“Con Aldo e Giovanni non ci siamo mai lasciati, abbiamo soltanto diluito gli impegni a tre: dopo 35 anni il nostro principio è quello di essere sempre originali e in questi anni è quindi capitano che facessimo qualcosa a livello di singoli. Ma non abbiamo mai smesso di essere un trio. Questo docufilm ne è la conferma. Cosa si deve aspettare il nostro pubblico? Una ricostruzione della nostra stortia artistica e, contemporaneamente, anche un approfondimento della nostra vita non tanto privata ma quella, appunto, delle origini. E gli oratori saranno protagonisti, avranno una parte di protagonismo in questo docufilm.
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