Governo M5S-Pd, Paragone non ci sta: "Se si fa non contino su di me"
Il senatore varesino: "O accordo con la Lega o il voto"
Il senatore varesino del Movimento 5 Stelle Gianluigi Paragone duro sulla possibilità di un governo M5s-Pd.
Governo M5S-Pd, cosa sta succedendo
Lo sguardo di tutto il Paese è a martedì, quando il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella avvierà il secondo giro di consultazioni con i gruppi parlamentari. Dopo la crisi di Governo innescata ufficialmente la scorsa settimana con le dimissioni del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (avvenuta dopo mesi di scontro fra le due forze della maggioranza, Lega e Movimento 5 Stelle, culminate sul voto alle mozioni Tav), si sono subito creati due schieramenti: quello per il voto, incarnato da Matteo Salvini e dalla Lega insieme a Fratelli d'Italia e Forza Italia, e quello per un nuovo accordo, principalmente fra Movimento 5 Stelle, Pd e Leu. Un nuovo contratto di governo insomma, basato su alcuni punti (il Pd ne ha indicati 5, il Movimento 10) che permetta di proseguire la legislatura, approvare la Legge di Bilancio e soprattutto evitare l'aumento dell'Iva per le clausole di salvaguardia concordate con l'Unione Europea in cambio dello sforamento del vincolo dello 0,3% di deficit. Per la Lega invece, solo un "inciucio" per non tornare al voto e "salvarsi la poltrona". Una strada comunque complicata, che vede un Pd diviso al suo interno e il Movimento che deve far conto con l'avversione dei suoi elettori a un accordo con il nemico di sempre, il Partito Democratico. Ma c'è una terza via possibile, anche se non semplice. Quella auspicata dal senatore varesino pentastellato Gianluigi Paragone: far pace con la Lega.
Paragone: "Non mi rassegno"
Il senatore e giornalista, ex conduttore de La Gabbia, ha partecipato come ospite venerdì sera alla Berghem Fest organizzata dal Carroccio. Una serata per ripercorrere le "tante cose buone fatte" nei 14 mesi di governo gialloverde ma certo anche un occasione per stabilire e sondare un primo contatto con la base leghista. Paragone non sta nascondendo nelle sue interviste e post su Facebook l'avversione per un'ipotesi di "governo giallorosso" M5S-Pd, ovvero col "partito delle banche", contro cui Paragone, da giornalista prima che da senatore, si è sempre scagliato. "Non mi rassegno all'idea che non si possa riprendere un dialogo, fatti ovviamente i dovuti correttivi - ha dichiarato dal palco ella kermesse bergamasca - Io l'ho detto: avverto da parte dei leghisti, del movimento e del popolo un senso di inquietudine per qualcosa che abbiamo smontato, che abbiamo rotto. Per quanto riguarda i rapporti col Pd, non ho capito ad esempio il voto del Movimento accanto al Pd per l'elezione a Presidente della Commissione Europea di Ursula Von Der Leyen, e l'ho detto. Quella non è la linea giusta per cambiare l'Europa".
"Se si fa l'accordo torno a fare il giornalista"
E l'indomani Paragone ha rincarato dalle pagine del Corriere della Sera. "Se dovessi scegliere un partner di governo cercherei uno spiraglio con la Lega - ha dichiarato - partito che, come il Movimento, si è battuto contro il sistema liberista e finanziario che taglia fuori l'economia reale, le famiglie e le imprese". O le elezioni, "in subordine". E se invece si concretizzasse l'accordo col Pd? "Dovremmo farli votare, come abbiamo fatto con la Lega. Non saprei spiegarlo. Piuttosto, mi dovrò guardare allo specchio e prendere le mie decisioni. Non le prendo ora, ma se pioverà aprirò l'ombrello".
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