Elezioni regionali: l'intervista a Pierfrancesco Majorino
Pierfrancesco Majorino, 49 anni, dal 2019 parlamentare europeo, ma con alle spalle esperienze amministrative
Ultima delle quattro interviste del nostro Giornale ai candidati governatori della Lombardia in vista delle elezioni del 12 e 13 febbraio. Dopo Letizia Moratti, Mara Ghidorzi e Attilio Fontana, ora tocca a Pierfrancesco Majorino del Centrosinistra.
L'intervista a Pierfrancesco Majorino
Pierfrancesco Majorino, 49 anni, dal 2019 parlamentare europeo, ma con alle spalle esperienze amministrative (dal 2011 al 2019 è stato assessore del Comune di Milano) e una generale passione per la politica nata ben prima di quando, nel 2004, divenne segretario milanese degli allora Ds, ma risalente al periodo scolastico. Il passaggio a governatore della più importante Regione d’Italia non è né semplice né scontato, Majorino lo sa, ma anche per questo ha «solo» cercato di moltiplicare gli sforzi.
Majorino, nelle ultime settimane i sondaggi hanno fornito gli scenari più disparati circa le prospettive di vittoria. Crede nei sondaggi?
«Io credo a una cosa e cioè che due mesi fa nessuno avrebbe immaginato che noi fossimo in partita. Diciamoci la verità, la domanda allora sembrava chi arriva secondo tra me e Letizia Moratti. Oggi, ce lo confermano i sondaggi, ma soprattutto la sensazione che emerge dal contatto con la gente, è evidente che è sfida a due tra me e Fontana. Letizia Moratti non ha oggettivamente alcuna possibilità di farcela e io sento un buon clima crescente. Fino all’ultimo lotteremo per farcela, sapendo, e non lo scopriamo oggi, che è difficilissima, però la partita è aperta e io mi sento in campo».
Qualcuno, considerata la sua posizione, potrebbe dire “ma chi gliel’ha fatto fare...”
«Beh, la voglia di cambiamento in questa Regione. Ero ben consapevole della montagna che avremmo dovuto scalare e anzi, diciamoci la verità, quando ho accettato il clima era ben diverso. Oggi c’è una coalizione in campo decisa, determinata, desiderosa di fare bene e io ci sono con convinzione perché penso che Regione Lombardia meriti un cambiamento nettissimo: sulla sanità, sui trasporti, sul sostegno alle imprese».
Un sindaco brianzolo, candidato per la sua lista, mi ha detto che “la bellezza del messaggio di Majorino è di non aver creato la solita civica, ma un tentativo di civismo per offrire agli elettori di Centrosinistra delusi dai partiti un possibile punto di riferimento”. Era l’obiettivo che si era posto?
«Io credo che sia proprio la fotografia dell’operazione politica che abbiamo fatto, consapevoli che oggi i partiti assolutamente non bastino. C’è bisogno di mettere in campo una squadra che nasce da percorsi civici e di portarla al governo della Lombardia. Ci tengo a dire che non è tanto un’operazione elettorale, ma l’idea di governo regionale che abbiamo in mente. Io penso che la Regione debba stare fuori dal palazzo nel rapporto con le comunità locali. Questo è il vero punto: la Regione si è rinchiusa nel Palazzo con un utilizzo del potere assolutamente autoreferenziale da parte della Destra e io penso, invece, che ci sono tante energie diffuse nella società e che per affrontare al meglio i tanti problemi esistenti è bene averle a bordo con grande determinazione».
Dopo le precedenti interviste con Letizia Moratti e con il presidente Fontana, è cresciuta in me la confusione sullo stato della sanità lombarda: siamo ancora un punto di riferimento nazionale, con tantissimi non lombardi che vengono qui per curarsi, o una realtà composita in cui accanto alle eccellenze ci sono anche diversi problemi?
«Lo stato della sanità lombarda è ad esempio quella sala strapiena di ieri (sabato, ndr), a Menaggio con una comunità di cittadini anche di Destra indignati con Regione Lombardia per come è intervenuta a sostegno del proprio ospedale. Oppure sono le liste d’attesa che fanno sì che le persone debbano pagare per vedersi curare, una cosa inaccettabile nel Paese del Servizio sanitario nazionale. Questo vuol dire che non ci sono ospedali eccellenti o grandi professionisti? Assolutamente no. Ci sono ospedali eccellenti, pubblici e privati che vanno solo ringraziati, e grandi professionisti, anche nella sanità privata che grazie al cielo fanno del grande lavoro. E’ mancata una politica pubblica eccellente e questo è un prezzo che pagano le persone e questo è stato determinato dal fatto che Letizia Moratti e Fontana non si siano occupati veramente del problema delle liste d’attesa o della carenza dei medici di base».
Altro tema attualissimo è quello dei trasporti e anche in questo caso l’impressione è che la Lombardia viaggi a due velocità. Cosa ne pensa? E cosa ne pensa della proposta di Moratti di fare una gara per l’affidamento della gestione di Trenord?
«Penso che Trenord vada ribaltata nella sua gestione e vada rafforzata come azienda. Se partiamo dalla gara partiamo dalla coda, e metterla a gara oggi rischia di favorire un processo di privatizzazione di cui francamente non ne sentirei il bisogno. Alla gara si può arrivare, ma prima rafforziamo l’azienda, ribaltiamone la gestione dal momento che è stata amministrata malissimo e la politica deve assumersene la responsabilità e non scaricarle. La Destra in questi anni cosa ha fatto mentre il trasporto pubblico diventava così poco dignitoso per i pendolari? Niente. Ci vogliono una politica diversa con Rfi e gli investimenti. Ci sono risorse europee e il Pnrr che, però, la Regione non sta usando per potenziare il trasporto pubblico».
Secondo lei quale è l’errore più grave degli ultimi anni di governo?
«La totale assenza di una politica volta a reperire più risorse europee a sostenere il lavoro e le imprese e il negazionismo sulla questione ambientale. Questi sono i due fronti. Il negazionismo sul fronte climatico, il fatto che dici che non c’è il problema si riflette nel mancato sostegno al trasporto pubblico e alle politiche sulle energie rinnovabili. Purtroppo gli esempi negativi sono molti. Anche il fatto che non si sia intervenuti su Aler quando c’erano 15mila case vuote di proprietà regionale. Detto tutto questo, la mia è una sfida per il futuro. Io non sono qui a dare i voti a Fontana, ma a cambiare le cose per il futuro della Lombardia e ci tengo molto. E’ una sfida costruttiva. La critica che faccio, la denuncia che faccio non è il fine della politica, è la fotografia. Ma io voglio cambiare le cose».
Completi questa frase: «La Lombardia è...»
«La Lombardia che ho in mente è giusta e in movimento. E’ una Regione che deve tornare ad andare alla velocità che merita e deve essere più giusta sul piano delle politiche per le persone».
Perché Fontana l’ha definita un estremista?
«Perché ha paura di perdere e mi mette addosso questa etichetta. E quindi cerca in questo modo di mobilitare il suo elettorato, ma è un escamotage dialettico che lascia il tempo che trova. Tra l’altro gli ricordo che i secessionisti sono a casa sua, non a casa mia. Io sono uno che ha fatto per otto anni l’assessore ai Servizi sociali, mi sono occupato di servizi per le persone con disabilità: su quello sono estremo nella critica alla Regione. Mi sono occupato di disabili e anziani non autosufficienti e la Regione non ci ha mai aiutato».
Quanto c’è bisogno di cambiare in Lombardia?
«Tantissimo. Lo dice la gente che è in lista d’attesa in sanità, o i treni di Trenord indegni. Tuttavia, si deve essere anche molto speranzosi, l’intensità della mia critica è anche di chi porta la speranza per una Regione, intesa come Istituzione e come terra, che ha tutti gli strumenti e le energie per poter cambiare bene»
Bisogna votare Majorino perché?
«Perché con me si cambia e perché io riavvicino l’Istituzione regionale alle persone».