tanti i temi trattati

Al via a Milano il Forum sulle relazioni industriali

La rassegna, già lo scorso anno, aveva, di fatto, avviato una nuova stagione di dialogo tra le parti sociali nel tentativo di individuare nuovi modelli di concertazione

Al via a Milano il Forum sulle relazioni industriali

Ha preso il via, oggi, a Milano, nella sede dell’Associazione, la seconda edizione di RELIND – Forum delle Relazioni industriali.

Al via a Milano il Forum sulle relazioni industriali

L’iniziativa, promossa congiuntamente da Confindustria e Assolombarda, con il coinvolgimento delle Organizzazioni sindacali nazionali, intende avviare, attraverso una “due giorni” dedicata, un confronto permanente teso a interpretare i cambiamenti in corso che impattano sul rapporto tra imprese e lavoratori. La rassegna, già lo scorso anno, aveva, di fatto, avviato una nuova stagione di dialogo tra le parti sociali nel tentativo di individuare nuovi modelli di concertazione finalizzati a promuovere relazioni industriali sempre più proficue, anche alla luce dell’impatto della transizione digitale. I processi di digitalizzazione e automazione in atto, del resto, impongono una ridefinizione della relazione negoziale: una sfida e, al tempo stesso, un’opportunità che va accolta dalle rappresentanze datoriali e sindacali attraverso un approccio collaborativo, affinché la trasformazione tecnologica avvenga in modo responsabile, etico, inclusivo e sostenibile.

La sessione istituzionale. Questa mattina, nella cornice dell’apertura sul tema “Riformare il Tempo, Ripensare il Lavoro”, sono intervenuti il presidente di Assolombarda, Alvise Biffi, il vicepresidente per il Lavoro e le Relazioni Industriali Confindustria, Maurizio Marchesini, e i segretari delle principali sigle sindacali: Maurizio Landini (CGIL), Daniela Fumarola (CISL), Pierpaolo Bombardieri (UIL). All’iniziativa, in rappresentanza del Governo, è intervenuta anche il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone.

Le parole del presidente Biffi

“È in atto una nuova rivoluzione industriale guidata dall’innovazione che impatterà inevitabilmente sui modi e sui tempi del lavoro – ha spiegato il presidente di Assolombarda, Alvise Biffi -. Una sfida in cui dobbiamo giocare un ruolo attivo attraverso una responsabilità collettiva che coinvolga le istituzioni, le associazioni d’impresa e le organizzazioni sindacali. Una svolta culturale che non può che passare da una seria riflessione sulla produttività che, dal 2019 al 2024, nel nostro Paese, è addirittura diminuita, secondo le analisi del Centro Studi Assolombarda, dello -0,1%. Ricordiamo che un aumento della produttività del 10% delle micro, piccole e medie imprese industriali, guidato dalle tecnologie già presenti, può generare un incremento di 2,4 miliardi di euro di valore aggiunto nel nostro territorio, pari a una maggiore crescita di PIL di 0,8 punti percentuali per l’intera economia del Quadrilatero. Vuol dire una gestione del tempo migliore, salari più alti, vuol dire crescita condivisa. Per farlo serve il coraggio di riconoscere che ognuno di noi ha una parte di responsabilità in questa trasformazione: le imprese devono continuare a innovare, investire, formare; le istituzioni devono creare un quadro normativo che accompagni, e non freni, l’evoluzione; le parti sociali devono essere protagoniste di un nuovo patto basato sulla visione condivisa del lavoro. È nostro dovere – ha concluso il presidente Alvise Biffi – riportare la fiducia al centro del sistema lavoro, per costruire insieme un lavoro più produttivo, più umano e più capace di futuro.”

Le parole di Maurizio Marchesini

“Il tema della riduzione dell’orario di lavoro non può essere affrontato in termini ideologici, ma con realismo e visione. L’evoluzione tecnologica e digitale – ha aggiunto il Vicepresidente per il Lavoro e le Relazioni Industriali di Confindustria, Maurizio Marchesini – ci chiede di lavorare meglio, non meno: di trasformare il tempo in valore, attraverso competenze, produttività e partecipazione. L’idea di una riduzione oraria o di uno smart working estesi in modo indistinto è seducente, ma illusoria: non può diventare un dogma universale. Ogni settore ha la propria fisiologia, e la politica industriale deve partire da lì — dal rispetto di ogni realtà produttiva e dalla consapevolezza che la competitività non si tutela per decreto, ma attraverso la qualità del lavoro e delle competenze. La contrattazione collettiva è il luogo in cui si coniugano competitività e benessere, innovazione e coesione. Serve un nuovo patto industriale basato su fiducia, formazione, flessibilità e futuro, per affrontare con responsabilità anche la sfida demografica e garantire la tenuta del sistema produttivo e del welfare. Il tempo del lavoro deve tornare a essere misura di civiltà: espressione di intelligenza, dignità e valore condiviso.”

Le riflessioni sull’innovazione e sulle dinamiche del lavoro si intersecano da vicino anche con il tema della produttività, come sottolineato, nel corso dell’evento, dai dati presentati dal Centro Studi Assolombarda. La produttività del lavoro, nel nostro Paese, è sostanzialmente ferma da oltre trent’anni: tra il 2014 e il 2019 la crescita media annua è stata appena dello 0,1%, mentre tra il 2019 e il 2024 si è registrata una lieve flessione (-0,1%). Un dato che contrasta con la dinamica di altri Paesi avanzati e che, a livello d’impresa, è spiegato principalmente da quattro fattori: presenza di tante imprese di ridotte dimensioni poco produttive (le micro imprese lombarde registrano 47,7 mila euro di valore aggiunto per addetto vs 56,6 mila le omologhe tedesche), livelli ancora insufficienti di investimento in innovazione e R&S (meno del 40% delle imprese tedesche), limitata digitalizzazione anche lato offerta (l’ICT italiano è cresciuto in produttività del +0,3% in media annua nell’ultimo decennio, quello tedesco del +1,0%) e una internazionalizzazione tuttora poco diffusa – solo il 17% delle imprese manifatturiere esporta, e l’1% di esse concentra oltre metà del valore esportato – ma che premierebbe in produttività. Questi elementi evidenziano l’urgenza di un cambio di paradigma che promuova politiche integrate su innovazione e capitale umano, in grado di restituire slancio alla produttività e, con essa, alla crescita del Paese.

L’orario di lavoro

Quello dell’orario di lavoro, tema cardine di RELIND 2025, è un argomento risultato, a varie riprese, centrale nel dibattito pubblico, soprattutto alla luce dell’introduzione di innovazioni tecnologiche significative che, all’interno delle aziende, hanno determinato, negli anni passati, importanti aumenti di produttività. Un aspetto emerso, in modo chiaro, dall’esito della ricerca “Dal tempo al valore: ripensare l’orario di lavoro”, realizzata da Assolombarda in collaborazione con ADAPT e presentata, questa mattina, da Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione ADAPT. Il documento conferma quanto le innovazioni consentano di soddisfare le sempre più crescenti richieste di flessibilità oraria da parte dei lavoratori, interessati alla conciliazione tra vita privata e vita lavorativa. Tuttavia, la disparità di trattamento tra quella frazione di forza lavoro che ha la possibilità di usufruire di tale modalità di svolgimento della prestazione – in maggior parte, impiegati – e quella che invece risulta esclusa da tale fruizione – in particolare, gli operai – è stata segnalata come potenziale fonte di frizioni interne e, in tal senso, richiede un’attenzione specifica sia da parte delle aziende che dei sindacati. Un ulteriore aspetto legato alla ricerca riguarda la presenza di una cultura organizzativa ancora caratterizzata da significativi elementi di rigidità, che impatta, di fatto, sul successo, o meno, dei modelli di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. In quest’ottica, la contrattazione collettiva è stata identificata come lo strumento principale per favorire la sperimentazione e l’introduzione di forme di flessibilità nell’organizzazione del lavoro, creando modelli orari capaci di rispondere alle esigenze dei singoli contesti produttivi. Più in generale, emerge, comunque, come sia difficile pensare di agire sull’innovazione dei tempi di lavoro considerando unicamente la leva della riduzione, e non un insieme più variegato di strumenti di flessibilizzazione. La ricerca contiene, dunque, quattro proposte tra loro sinergiche e complementari finalizzate a favorire un confronto teso a far fronte alle esigenze di aziende e lavoratori.

Le proposte messe in campo

Proposta n. 1 | Una flessibilità flessibile: le istanze dei lavoratori come stimolo per la creazione nuovi modelli organizzativi

I risultati dei focus group mostrano, in maniera evidente, come imprese e organizzazioni sindacali si trovino oggi a confrontarsi con una platea di lavoratori sempre più demograficamente eterogenea, nonché portatrice di esigenze diverse. In questo scenario diventa essenziale, sia per la parte datoriale sia per quella sindacale, saper individuare con precisione i bisogni e le reali priorità dei lavoratori, così da elaborare soluzioni capaci di armonizzare le istanze con le esigenze di efficienza e produttività delle imprese. Per raggiungere questo obiettivo, la predisposizione di spazi e strumenti di ascolto, formali e informali, assume un ruolo strategico, poiché consente di cogliere in profondità la varietà delle richieste emergenti.

Proposta n. 2 | Orario di lavoro, lavoro agile, telelavoro: incertezze applicative e necessità di un intervento legislativo

Sebbene l’introduzione del lavoro agile nei modelli organizzativi delle imprese italiane abbia prodotto risultati significativi in termini di flessibilità, l’organizzazione temporale delle prestazioni continua a essere fortemente ancorata a schemi tradizionali. Un intervento legislativo per dirimere le principali incertezze applicative sarebbe funzionale a stimolare la sperimentazione di modelli organizzativi innovativi.

Proposta n. 3 | La contrattazione collettiva come leva di flessibilità temporale: oltre il lavoro da remoto

Il dialogo tra aziende e sindacati, nella forma della negoziazione collettiva, rappresenta un fattore fondamentale per l’adozione di modelli organizzativi che valorizzino in misura maggiore l’elemento di flessibilità temporale insito nel lavoro da remoto (sia nella forma del lavoro agile, che ancor più in quella del telelavoro).

Proposta n. 4 | Il raccordo tra contrattazione nazionale e aziendale: unità di intenti per innovare l’orario di lavoro

I partecipanti alla ricerca hanno individuato nella contrattazione collettiva uno strumento fondamentale per implementare e regolare eventuali modelli di flessibilità oraria all’interno delle aziende. Un sistema di relazioni industriali funzionante e adatto a rispondere alle sfide del tempo non può, tuttavia, prescindere da un allineamento tra i diversi livelli della contrattazione, anche in termini “ideali”: al fine di creare soluzioni organizzative coerenti e funzionali, infatti, il contratto nazionale e quello aziendale dovrebbero essere animati dai medesimi principi di innovazione, adattabilità al contesto storico e alle grandi trasformazioni che stanno interessando il mondo del lavoro. L’adeguamento delle disposizioni del contratto nazionale ai modelli produttivi e organizzativi che si stanno progressivamente diffondendo nel panorama industriale italiano e non solo, rappresenterebbe dunque un punto di partenza fondamentale per l’intervento della contrattazione aziendale, che potrebbe dunque poggiare su solide basi per sperimentare nuovi modelli di articolazione oraria della prestazione.