Spacciavano in Italia e reinvestivano i proventi in Marocco.... via Hong Kong
I Carabinieri hanno scoperto un giro di droga con denaro che veniva reinvestito passando da Hong Kong
I Carabinieri del Comando provinciale di Milano hanno arrestato dieci indagati ritenuti colpevoli di traffico di sostanze stupefacenti fra l'Italia, Hong Kong e il Marocco.
Le indagini partite nel 2017
L'attività di spaccio si volgeva in Italia: il denaro poi veniva inviato tramite persone compiacenti ad Hong Kong e infine tornava in Marocco dove veniva "ripulito" investendo in attività principalmente di vendita al dettaglio e acquistare nuovamente sostanze stupefacenti. I Carabinieri del Comando Provinciale di Milano, hanno dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Milano su richiesta della locale Procura della Repubblica, a carico di 10 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di traffico di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio e ricettazione.
720 chili di droga e 3milioni e 800mila euro in contanti
Nel corso dell’attività investigativa si è complessivamente proceduto al sequestro di 720 chilogrammi di sostanza stupefacente (marijuana, hashish, cocaina ed MDMA) e di un totale di 3.800.000 euro in contanti. Si stima, inoltre, che nel periodo di monitoraggio il denaro transitato su Hong Kong possa quantificarsi in circa 200 milioni di euro.
I provvedimenti cautelari nei confronti dei 10 indagati sono stati eseguiti nelle province di Milano, Bergamo, Pavia, Pesaro, Ascoli Piceno, Brindisi e Bari. L’attività investigativa, supportata da operazioni tecniche di intercettazione, era stata avviata nel 2017 e terminata ad ottobre 2019 consentendo di individuare un’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti ed attiva in diverse province del Nord e centro Italia.
Il denaro veniva "inviato" prima a Hong Kong
Il denaro proveniente dallo spaccio veniva ritirato da un membro dell'organizzazione che tramite alcuni cittadini cinesi compiacenti, e coindagati, lo occultavano all'interno dei loro bagagli da stiva portandolo ad Hong Kong. I trasporti erano organizzati attraverso agenzie di viaggio compiacenti ed avevano una cadenza a ritmi serrati fino a 3 viaggi settimanali lungo la tratta Roma - Hong Kong. Al check in, una volta ottenuta la carta d’imbarco e registrato il bagaglio, con l’espediente di dichiarare dei valori al “tax refund” gli indagati si riappropriavano delle valigie e attendevano l’ingresso del corriere alle zone d’imbarco, superando i controlli doganali, al fine di scongiurare eventuali controlli in frontiera da parte di forze di polizia o Agenzia delle Dogane. I “bagagli” contenenti il denaro, inoltre, venivano fatti avvolgere con la pellicola protettiva per evitare che durante gli scali intermedi le valigie potessero essere aperte per controllarne il contenuto.Successivamente il denaro veniva consegnato a un money exchange che si occupava di cambiare la valuta e dopo, mediante trasferimenti bancari, dirottarla in Marocco. Dal Paese maghrebino veniva poi completato il processo di “pulizia” del denaro che veniva successivamente reinvestito in attività commerciali apparentemente lecite (principalmente dell’abbigliamento), o reimpiegato in altre operazioni finanziarie per disperderne le tracce o utilizzato nuovamente per l’acquisto e l’approvvigionamento di droga per l’organizzazione.