Maxi sequestero

Riciclaggio di denaro sporco, nel mirino dell'Antimafia anche un'azienda di San Giorgio

La Dia ha sequestrato beni immobili, beni mobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 13 milioni di euro.

Riciclaggio di denaro sporco, nel mirino dell'Antimafia anche un'azienda di San Giorgio
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Riciclaggio di denaro sporco, maxi sequestro da 13 milioni di euro tocca anche San Giorgio su Legnano.

Riciclaggio di denaro sporco, maxi sequestro da 13 milioni di euro

C’è anche una società sangiorgese tra le otto attività oggetto di un sequestro preventivo d'urgenza da parte della Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria, nell'ambito di un'operazione che ha portato alla luce un'articolata attività di riciclaggio di denaro sporco.
In particolare, la Dia di Reggio Calabria, in collaborazione con quella di Milano, ha eseguito un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza emesso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria che ha interessato le quote e il patrimonio aziendale di otto società, di cui appunto una sangiorgese, due con sede a Milano, una a Vimercate e quattro nella Locride. Sono stati sequestrati beni immobili, beni mobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 13 milioni di euro riconducibili a sette indagati, la maggior parte dei quali residenti oppure originari di Bianco e Africo oltre a un imprenditore lombardo.

Con le "frodi carosello" occultavano l'immissione di capitali illeciti

Il sequestro è scattato al termine di una complessa e articolata attività d’indagine condotta dalla Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria, sotto la direzione del sostituto procuratore della Dda Stefano Musolino e il coordinamento del procuratore distrettuale Giovanni Bombardieri. L’attività trae origine dagli sviluppi investigativi dell’operazione Martingala, per la quale tre degli indagati sono stati rinviati a giudizio per associazione a delinquere aggravata dalle finalità mafiose, e ha consentito di accertare come alcuni soggetti gestivano numerose società di «comodo» in Italia e all’estero attraverso il transito di flussi finanziari, giustificati da apparenti rapporti commerciali, attestati da falsa documentazione contabile, fiscale e di trasporto. Tale sistema, noto come metodo «frodi carosello», è stato adoperato al fine di occultare l’immissione dei capitali illeciti nel citato circuito criminale.

Gli indagati operavano come una società di servizi

Tali operazioni hanno consentito al sodalizio di mascherare innumerevoli trasferimenti di denaro da e verso l’estero, funzionali alla realizzazione di molteplici condotte delittuose, in primis l’autoriciclaggio. Gli indagati operavano come una società di servizi: a loro faceva costantemente riferimento un imprenditore milanese che riceveva numerosi bonifici a titolo di pagamenti di transazioni commerciali risultate fittizie.

 

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