Regione Lombardia: stop alle vaccinazioni dai pediatri di famiglia
Regione Lombardia ha deciso di abbandonare il progetto di vaccinare, per il primo biennio di vita, negli studi del pediatra di famiglia.
Regione Lombardia ha deciso di abbandonare, senza alcuna spiegazione, un modello che funziona.
Regione Lombardia ferma un modello di successo
Lo scorso novembre l'ATS Città Metropolitana di Milano aveva inviato in Regione una lettera ufficiale dove chiedeva il rifinanziamento di un modello di successo: vaccinare, per il primo biennio di vita, negli studi del pediatra di famiglia . L'esperienze è stata maturata per quasi 15 anni in alcuni comuni dell'hinterland milanese quali Bollate-Baranzate, Novate Milanese e Paderno Dugnano. Senza alcuna motivazione, ne tanto meno una risposta alla lettera, il progetto verrà chiuso.
Le parole di Luca Brivio
Luca Brivio, Vice-Segretario Nazionale e Coordinatore per ATS Città metropolitana di Milano di Simpef, amareggiato, sostiene:
"Un vero e proprio fiore all’occhiello della pediatria di famiglia e del sistema sanitario lombardo, che prevedeva le vaccinazioni del primo biennio di vita ai piccoli assistiti direttamente nei nostri studi; con grande soddisfazione da parte delle famiglie, per le quali il Pediatra di Famiglia è chiaramente una figura di riferimento, che ispira fiducia. Che la nostra esperienza sia un successo, lo testimoniano almeno tre cose. Primo, il fatto che sia stata sostenuta con forza – e lo sia ancora dopo ben 14 anni – dall’Azienda Sanitaria; secondo, le firme di protesta che stiamo raccogliendo da centinaia di famiglie, che improvvisamente si trovano orfane di un servizio più che gradito, grazie anche al fatto che la maggior parte delle sedute vaccinali coincide con le visite dei bilanci di salute; terzo, i livelli di copertura vaccinale raggiunti in questi anni, superiori alla media della nostra stessa ATS di appartenenza, sia per la vaccinazione esavalente sia per quelle anti-pneumococcica, anti-meningococcica B e C, anti-Rotavirus e soprattutto per quella trivalente contro morbillo, parotite e rosolia, dove la percentuale raggiunta supera il fatidico tetto del 95% dell’immunità di gregge (95,6%), con ben 4 punti percentuali in più rispetto alla media di ATS (91,6%). Inoltre, tali livelli di copertura vengono raggiunti in tempi più rapidi rispetto ai centri vaccinali. Questi dati sono certificati dall’ATS, non sono di parte. Non c’è più molto tempo a disposizione. Siamo riusciti a ottenere una proroga per vaccinare almeno i nati del primo bimestre 2018, ma dal primo maggio, non saremo più in grado di prendere in carico i bimbi nati nel mese di marzo, che dovrebbero essere vaccinati a partire dal terzo mese di vita. Eppure, il nuovo Accordo collettivo nazionale, firmato poche settimane fa, prevede proprio un maggiore coinvolgimento del Pediatra di Famiglia nella gestione vaccinale. Questa decisione è del tutto contro corrente. Infine, non si tratta certamente di una questione economica. Chiudere la nostra esperienza non porterà alcun risparmio, perché se i centri vaccinali devono riprendere in carico gli assistiti prima vaccinati negli studi dei pediatri di famiglia, dovranno sicuramente riorganizzarsi, con nuovo personale oppure facendo lavorare il personale presente in straordinario, ingenerando comunque nuovi costi. Proprio, non ne capiamo le ragioni".