Omicidio Ravasio, parla la madre della vittima: "Adilma è un mostro, ci ha azzerato la vita. Non la perdonerò mai"
A parlare ieri in aula è stata anche Annamaria Trentarossi, che ritiene moralmente responsabili tutti coloro che sapevano delle intenzioni di far fuori suo figlio. Dal canto suo la brasiliana ha però smentito di aver orchestrato il piano omicida per motivi legati ai soldi, che sosteneva di avere in quantità maggiori rispetto al compagno, e respinto le accuse sui riti religiosi: "E' una persecuzione"

"Adilma ha azzerato la nostra vita, non siamo più gli stessi. E' un mostro, non la perdonerò mai. E chi ha sbagliato deve pagare. Perché mio figlio ora non c'è più". Una testimonianza fiume da cui emerge tutto lo strazio di una madre che ha perso il proprio figlio e non si rassegna a far valere la giustizia. E' quella arrivata nella mattinata di ieri davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Busto Arsizio per bocca di Annamaria Trentarossi, la madre del parabiaghese Fabio Ravasio morto in un tragico incidente stradale avvenuto lo scorso 9 agosto al confine tra Parabiago e Casorezzo. Un incidente che ha subito assunto i connotati di un omicidio e che sarebbe stato orchestrato, secondo l'accusa, dalla compagna Adilma Pereira Carneiro grazie alla complicità di altre sette persone e per motivi legati all'eredità.
La vittima dell'omicidio Fabio Ravasio
Subito Igor Benedito ha ammesso di aver mentito e che sua madre ha avuto un ruolo nell'omicidio
L'udienza si è aperta proprio con la dichiarazione spontanea arrivata per bocca di uno degli imputati, il figlio di Adilma Pereira Carneiro, la compagna di Ravasio accusato di aver orchestrato il piano omicida per motivi economici. Igor Benedito, che secondo quanto emerso si trovava alla guida dell'auto che investì Ravasio. Lui ha fatto dietrofront rispetto alle prime dichiarazioni rese davanti al pm Ciro Caramore rivelando che sua madre ha avuto un ruolo nell'omicidio di Fabio.
"Ho mentito, avevo detto che mamma era estranea, ma invece ha avuto un ruolo. L'ho difesa per rispetto nei confronti della famiglia, ma ora sono pronto a dire la verità. Devo pensare a me stesso e ai miei fratelli".
L'intervento della madre della vittima
E' durata quasi tre ore, poi, la testimonianza resa dalla madre della vittima. La stessa ha subito chiarito che i gemelli avuti dalla brasiliana, due degli otto figli di quest'ultima, non appartenevano al compagno. Ma, ha detto, "loro erano la sua vita e non voleva rinunciare a crescerli. Non abbiamo detto a nessuno che abbiamo condotto i test del DNA (che hanno rivelato come la paternità dei bambini fosse riconducibile a Marcello Trifone, anche lui alla sbarra insieme agli altri sette imputati). Una scelta dettata dalla volontà di "proteggere i piccoli che abbiamo sempre trattato come nipoti a tutti gli effetti". Inoltre, Adilma non ha mai chiesto la cittadinanza italiana e nostro figlio risultava celibe. Sempre Trentarossi ha aggiunto un altro particolare relativo alla nascita dei minori. La donne disse ai famigliari di aver dato loro il suo cognome. Fabio era pronto a riconoscerli nonostante tutto. E la stessa fornì pure un certificato brasiliano anche se mai alcun atto venne registrato in Italia.
Il capitolo movente
Al centro della lunga testimonianza anche il tema del movente. "A loro interessavano i soldi. Fabio è stato ucciso per soldi. Ma non è tutto, ha aggiunto Trentarossi, lei ci "turlupinava giocando sui sentimenti che nutrivamo nei confronti dei bambini". E' proprio spinta da queste motivazioni, ha sostenuto la signora, che "Adilma minacciava di non far più vedere i bambini, di cui noi ci occupavamo sempre anche quando lei spariva, e riuscì inoltre a farsi prestare 800 mila euro per una casa. Soldi che, nonostante le promesse, non ci ha mai restituito. Siamo stati deboli, e abbiamo ceduto, specie mio marito col quale abbiamo spesso discusso per questi motivi".
"E' un mostro, non potrò mai perdonare Adilma. Mio marito dopo l'accaduto versa in gravi condizioni di salute con scompensi cardiaci importanti"
La donna ha quindi reso l'idea del proprio dolore: "Non potrò mai perdonare Adilma, è un mostro. Ha azzerato la nostra vita, non siamo più gli stessi. E chi ha sbagliato deve pagare. Perché mio figlio ora non c'è più". E ancora: "Chi aveva goduto del nostro amore, e non ha detto nulla, lo ritengo responsabile moralmente. Oltre a queste dichiarazioni la stessa, a seguito di una domanda specifica ha spiegato che suo marito, Mario Ravasio, versa in gravi condizioni di salute. "Ha uno scompenso cardiaco, il suo cuore è al 15% e pertanto i medici ci hanno sconsigliato di farlo testimoniare o assistere alle udienze".
La testimonianza del cugino della vittima: "La mia vita è stata stravolta. Ho anche un tumore"
A parlare, sempre per la parte civile, è stato poi il cugino di Fabio Ravasio, Giuseppe.
"Sono stato sul luogo dell'incidente (in via Vela, ndr) con Adilma dopo l'accaduto. Le chiesi se sapesse dove era avvenuto. Ed era avvenuto su un rettilineo, subito pensai che era impossibile che non fosse stato visto. Sul luogo c'era una macchia di sangue. Poi verso il campo trovammo un cinturino spezzato. Adilma si mise quindi in mezzo alla strada a toccare la macchia di sangue scaturita dall'incidente mortale. La mia vita è cambiata tantissimo da quel 9 agosto: non ho più nessun con cui parlare. Uno psicologo mi sta aiutando tantissimo a superare sia la morte che il tumore che sto affrontando".
L'ora di Adilma
Al termine delle testimonianza è stata l'ora della dichiarazione spontanea resa dalla stessa Adilma, che ha toccato il tema dei riti parlando di una vera e propria "persecuzione" nei suoi confronti. "Io, perseguitata per la mia fede", ha detto per poi smentire di essere solita fare riti con l'utilizzo di animali e di non voler essere etichettata come un mostro, cosa che, ha ravvisato, "si ripete purtroppo dall'inizio del processo".
La famiglia Ravasio secondo Adilma
Il giallo sui documenti falsi
"E' assurdo: cosa mi teneva legata a Fabio? Avrei potuto anche lasciarlo. Io avevo più soldi di lui".
In conclusione, ha detto l'imputata, "è tutto assurdo, cosa mi obbligava a restare insieme a Fabio? Nulla, perché io avevo i miei soldi. E ne avevo anche più di lui e non avrei mai avuto il denaro dai suoi genitori. Se la mia intenzione era quella di ottenere il suo patrimonio, allora perché non ho divorziato o non l'ho sposato o non gli ho fatto riconoscere i gemelli?".