Dal Tribunale

La Procura chiede condanne dure per la famiglia del boss Di Grillo

Due ergastoli e due condanne a 20 e 12 anni di reclusione. È la richiesta formulata dal pm per 4 parenti del boss di Cuggiono Sabatino Di Grillo.

La Procura chiede condanne dure per la famiglia del boss Di Grillo
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Richiesta di condanne dure per la famiglia del boss di Cuggiono Sabatino Di Grillo.

La richiesta di condanna per i familiari del boss Di Grillo

Due ergastoli e due condanne a 20 e 12 anni di reclusione. È la richiesta formulata al termine della sua requisitoria dal pm Andrea Mancuso alla Corte d’Assise di Catanzaro per quattro parenti stretti del boss di Cuggiono, Sabatino Di Grillo, referente al Nord del potente casato mafioso dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) e già condannato in via definitiva a 10 anni e 10 mesi nel processo "Grillo Parlante" sulle infiltrazioni delle cosche nella politica lombarda.

L'episodio dell'autobomba

La Procura ha infatti invocato il carcere a vita per la madre del boss Di Grillo, la 64enne Rosaria Mancuso, e per il cognato Vito Barbara, di 28 anni. Secondo l’accusa i due sarebbero i mandati dell’attentato con un’autobomba in cui, il 9 aprile 2018, perse la vita il biologo Matteo Vinci, 42 anni, e rimase gravemente ferito il padre 70enne, Francesco.

Stando alla ricostruzione degli inquirenti, l’attentato sarebbe arrivato al culmine di un’escalation di violenza da parte dei Di Grillo-Mancuso contro i Vinci, "rei" di non voler cedere alla cosca un appezzamento di terra confinante con il loro.

Le aggressioni

Il pm ha poi chiesto una condanna a 20 anni di reclusione per il padre del boss cuggionese, Domenico Di Grillo, 72 anni, accusato del tentato omicidio di Francesco Vinci nel 2017, che fu vittima di un violento pestaggio dal quale uscì con la mandibola rotta. Chiesti infine 12 anni di carcere per la 32enne Lucia Di Grillo, sorella di Tino Di Grillo e moglie di Vito Barbara: è accusata di lesioni personali nei confronti di Vinci senior e della moglie, Sara Scarpulla, entrambi vittime di un’aggressione nel 2014.

Nonostante anni di vessazioni e violenze, però, i coniugi Vinci-Scarpulla (che nel corso di una drammatica deposizione in aula avevano raccontato il ritrovamento del cadavere carbonizzato del figlio) non si sono mai piegati al volere dei rivali, promuovendo contro di loro anche dei procedimenti giudiziaria sia in sede civile sia penale. Fino all’aprile di tre anni fa, quando con un radiocomando a distanza venne attivato l’ordigno posizionato sotto alla Ford Fiesta sulla quale viaggiavano i Vinci, padre e figlio

Le intercettazioni

Nonostante la certezza, emersa anche dalle intercettazioni, degli indagati di poter contare sull’omertà diffusa a Limbadi – Rosaria Mancuso è infatti la sorella dei celebri boss Giuseppe «Peppe ’Mbrogghia», Pantaleone «l’Ingegnere», Diego «Mazzola» e Francesco «Ciccio Tabacco» – per restare impuniti, alla fine si sono rivelate decisive per le indagini alcune conversazioni captate nella sala colloqui del carcere di Asti, dove il boss di Cuggiono avrebbe avuto un’accesa discussione con la moglie e dalla quale "era emerso che il coinvolgimento dei Mancuso-Di Grillo nei gravi fatti di sangue riguardanti i Vinci era ormai pienamente conosciuto da parte di quanti gravitavano nell’orbita della famiglia", si legge negli atti.

Nel frattempo, i sei presunti esecutori materiali dell’attentato dinamitardo (fra i quali figura nuovamente il cognato di Tino Di Grillo) andranno a processo con rito abbreviato: la requisitoria dell’accusa è prevista per il 15 dicembre 2021.

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