Una chat tra adolescenti, apparentemente innocua, ma di cui viene perso il controllo. Qualche contenuto un po’ troppo spinto e qualche genitore che vede qualcosa che nelle mani dei minori non dovrebbe finire. La vicenda risale a prima delle vacanze pasquali, quando inizia a diffondersi, tra alcuni studenti dell’istituto San Girolamo Emiliani, il link della chat «Le medie» a cui si iscrivono giovanissimi di tutta la zona. Qualcuno lo dice ai docenti, che alzano il livello di guardia. Ma nell’istituto, i cellulari sono banditi e con essi chat e internet per uso privato. Finché un genitore scopre che l’innocua chat whatsapp rischia di diventare una pericolosa trappola. Avvista dei contenuti non idonei, addirittura di tipo pornografico/pedofilo. E si rivolge al rettore, padre Fabrizio Macchi. «Anche se la scuola è apparsa subito estranea ai fatti, essendo coinvolti alcuni miei studenti ho chiesto supporto alla Polizia postale, che mi ha suggerito di avvisare le famiglie del pericolo», spiega a Settegiorni. E così ha scritto una mail, che invita a vigilare ed eventualmente segnalare e denunciare la chat, che lui non ha mai visto, alle autorità competenti.
La chat rischia di diventare una trappola: attenti ai rischi
Nonostante l’uso di whatsapp sia consentito ai maggiori di 16 anni, l’applicazione è molto diffusa tra gli adolescenti, che hanno creato una chat, nella sua genesi innocua, ma che poteva diventare molto pericolosa. Per il semplice fatto che chiunque poteva essere amministratore, aggiungere e accettare nuovi iscritti. A quel punto sarebbe diventata incontrollabile, col rischio che qualche malintenzionato potesse inserirvisi. Da qui l’avviso precauzionale dell’istituto alle famiglie. Pare che la chat coinvolgesse 100-120 ragazzi di varie scuole e paesi del territorio, al momento della segnalazione, e che sia stata in seguito bloccata probabilmente dopo la segnalazione alla Polizia postale. Sono i rischi che le nuove tecnologie portano ma che spesso vengono sottovalutati dalle famiglie.
Un tema affrontato a scuola
Per questo gli istituti scolastici organizzano incontri e lezioni con esperti di cyberbullismo e rischi informatici: «Proprio nei giorni scorsi ne abbiamo avuto uno qui nella nostra scuola – dice padre Macchi -, un’occasione per confrontarsi, chiedere e comprendere i rischi della rete. A scuola chiediamo di entrare senza telefono o con l’apparecchio spento. ma se scopriamo qualcosa di potenzialmente pericolosi, da buoni educatori, è giusto che segnaliamo alle famiglie affinché intervengano». La vicenda ha coinvolto anche alunni di altre scuole, ma è difficile individuare quali. La dirigente della «Simone da Corbetta» spiega che nessuna segnalazione è arrivata in merito da parte di alunni e genitori dell’istituto: «Sarebbe nostra premura intervenire con tempestiva comunicazione a tutela dei nostri ragazzi. Su questo tema, vigiliamo ed educhiamo con progetti e percorsi ad hoc. Fondamentale è la collaborazione tra scuola e famiglia in caso di criticità». Allarme rientrato, ma vale la «morale»: genitori, attenti a come i vostri figli si relazionano col web.