Imprenditore della coca arrestato a Legnano: pusher come dipendenti, stipendiati e con benefit
Per anni ha agito nell'ombra, arrivando a "usare" le Forze dell'ordine per eliminare la concorrenza fino all'arresto di un suo "mulo", al quale aveva persino pagato l'avvocato.
Un vero e proprio imprenditore della coca l’albanese di 33 anni, regolare e insospettabile, arrestato stamattina a Legnano dagli agenti del Commissariato di Busto Arsizio dopo mesi di indagini partite dopo l’arresto del suo “mulo”.
Imprenditore della coca in manette
Importava cocaina quasi pura e la reimmetteva sul mercato grazie a una rete di pusher fedeli e stipendiati. K.G., il 33enne albanese residente a Legnano arrestato dalla Polizia di Stato di Busto, aveva utilizzato anche nel traffico illecito di stupefacenti il suo piglio e modo di fare da imprenditore com’era nella vita “legale”, dov’era attivo nel commercio di autovetture.
Le indagini partite dal suo “mulo”, a cui aveva anche pagato l’avvocato
Un imprenditore internazionale, che importava dall’estero e rivendeva in Italia, ai cui polsi sono scattate le manette al termine dell’indagine partita a marzo dopo l’arresto di un “mulo” che dal Belgio doveva portargli la cocaina. Un 46enne di Castano Primo, nella cui Range Rover appena usata per rincasare con moglie e figlio erano stati trovati 14 panetti di cocaina pura al 90% per un totale di quasi 15 chili.
I poliziotti di via Ugo Foscolo e il sostituto procuratore della Repubblica di Busto Arsizio Flavia Salvatore non si sono però fermati a quel primo e significativo risultato, intuendo che il castanese non era il “punto d’arrivo” della droga ma solo un corriere.
Le indagini hanno permesso di individuare il 33enne, noto come “Ciccio” per la sua mole. Come accertato dagli inquirenti i 15 chili di cocaina erano diretti a lui, che l’avrebbe poi fatta smerciare nel basso Varesotto e nell’Alto Milanese, e sempre lui aveva fornito al castanese il contatto belga e l’auto a noleggio da usare per il trasporto, in cambio di una buona somma di denaro. E una volta arrestato il corriere gli aveva anche pagato l’avvocato.
Gestione da manager, come un’azienda
Lontano dall’immagine dello spacciatore-tipo, l’arrestato gestiva la sua rete in maniera aziendale. Non si limitava a vendere la droga ad altri che poi la distribuivano: i pusher che lavoravano per lui erano totalmente fidelizzati e ricompensati con stipendi mensili, cellulari, auto e appartamenti procurati dallo stesso “Ciccio”. Gli spacciatori, in cambio, dovevano “lavorare” esclusivamente per lui, nelle zone assegnate da lui, versandogli l’intero ricavato dalle cessioni. Quando qualcuno di loro diventava compromettente perché controllato o denunciato dalle Forze dell’ordine, K.G. lo allontanava, imponendogli addirittura di tornare in Albania, e lo sostituiva con un nuovo “collaboratore” che entrava in azione solo dopo aver terminato un periodo di tirocinio e conoscenza del “mercato” locale. Chi non rispettava le regole, veniva punito.
La lotta con la concorrenza
E come in qualsiasi mercato, anche quello della droga c’è la concorrenza. L’imprenditore era arrivato a servirsi delle Forze dell’ordine per eliminarla e difendere i propri affari: la scorsa estate, ad esempio, con una telefonata anonima aveva indirizzato le volanti della Questura di Milano permettendo loro di arrestare uno spacciatore marocchino che trasportava mezzo chilo di eroina e una pistola.
Mille cautele
Il tutto, ovviamente, tra mille cautele che gli hanno permesso di rimanere nell’ombra per tutto questo tempo: in più occasioni K.G. aveva fatto smontare da persone di fiducia le auto utilizzate da lui o dai suoi collaboratori, peraltro sempre intestate a società o persone estranee ai suoi traffici, alla ricerca delle temute “cimici”, così come è regolarmente ricorso a terze persone per custodire denaro e cellulari.
Questa mattina, mercoledì 18 novembre 2020, gli agenti del Commissariato hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di K.G., arrestandolo nella sua abitazione e conducendolo in carcere.
Contemporaneamente sono state eseguite cinque perquisizioni nei confronti di altrettante persone (un italiano, tre albanesi e una romena) variamente coinvolte nell’attività illecita. A casa di K.G. in particolare sono stati trovati circa 13mila euro in contanti.