Magenta

«Ho scelto la trincea, tra emozione e fatica»

La storia di un'infermiera che si è fatta trasferire in Rianimazione durante l'emergenza.

«Ho scelto la trincea, tra emozione e fatica»
Pubblicato:
Aggiornato:

«Ho scelto la trincea, tra emozione e fatica». Carolina Cristinelli, infermiera, ha voluto condividere con noi una riflessione dal cuore, fatta di grazie, stima e ammirazione, soprattutto verso l'amica e collega Annamaria Noè, caposala della Rianimazione, per la tenacia e la dedizione mostrata.

L'omaggio dei bimbi a medici e infermieri

«Ho scelto la trincea, tra emozione e fatica»

«Ogni gesto d'aiuto, conforto e sostegno al nostro prossimo, è quanto di più nobile possiamo compiere nella vita. E un giorno saremo tutti come quel sofferente che con lo sguardo ci chiede aiuto. Negli occhi dell'ammalato intravediamo spirito e anima dell'intera umanità. Fragile e contraddittoria. Noi infermieri, curiamo tutti. Belli e brutti. Ricchi e poveri. Simpatici e antipatici. Perché nel paziente sofferente si manifesta in tutto il suo clamore il mistero profondo della vita. Si è medici ed infermieri per scelta, ma soprattutto per vocazione», dice ricordando chi c'è dietro camici e mascherine. Per lei, il Covid è stato un ritorno a casa, in quella Rianimazione dove per anni aveva prestato servizio e che da qualche anno aveva lasciato per nuovo incarico: «In quest'ultimo periodo di emergenza Covid, mi sono offerta di rientrare nel reparto di Rianimazione, dove avevo lavorato fino ad alcuni anni prima. Poi una lunga e difficile malattia mi aveva costretta a rinunciarvi e a spostarmi in altri reparti più adeguati alle mie condizioni di salute - ricorda - E' stata per me una grande gioia e soddisfazione, risentirmi utile, tra vecchi e nuovi colleghi, in un periodo di così grandi difficoltà operative. Rischi, incognite e pericoli hanno caratterizzato questi mesi di duro lavoro trascorso assieme».

La testimonianza dalla Rianimazione

Il pensiero torna indietro ai giorni più duri della guerra al virus: «Turni estenuanti e massacranti, interamente bardati, a contatto coi pazienti Covid più a rischio, ci hanno logorati per tensione e sovraffaticamento».
Venerdì 19 giugno, l'ultimo turno in Rianimazione: «Ho compiuto il mio dovere professionale e umano che sono stata chiamata a ricoprire per la divisa che porto. Ruolo e divisa che sentiamo nel profondo del nostro animo e che portiamo sempre con noi, ovunque ci troviamo. Non voglio nascondervi di avere attraversato questi mesi, tenendo parecchio duro per un fastidiosissimo mal di schiena che mi ha fatto patire, ma che non mi ha impedita di saltare un solo giorno tra di voi – dice rivolgendosi ai colleghi - A poche ore dall'avervi lasciati, ho la felicità nel cuore per la missione compiuta assieme». Un pensiero ai combattenti, a quelle vittime del Covid aiutate in questi mesi: «E che dire dell'immensa gratitudine dei pazienti trattati in Terapia Intensiva, letteralmente strappati per i capelli da un avverso destino. Gioia e profonda soddisfazione che sempre porterò nel mio cuore per il resto della mia vita». Nessun pentimento, anzi, la convinzione di voler ripercorrere ogni decisione, ogni difficoltà, ogni momento buio: «Se ci sarà ancora bisogno e le mie forze lo permetteranno, io ci sarò! Un caro ringraziamento a tutta l'equipe per l'occasione ricevuta e l'abbraccio fraterno che mi avete riservato».

TORNA ALLA HOME

Seguici sui nostri canali