"Ha ucciso Barbara con brutale violenza e gratuita spietatezza"
Le motivazioni dell'ergastolo a Domenico Horvat.
Il 31enne trecatese Domenico Horvat «ha inflitto plurimi colpi mortali che hanno fratturato il cranio della compagna» Barbara Grandi, 37enne originaria di Bareggio, «e si è accanito con brutale e riprovevole violenza sul corpo, manifestando gratuita spietatezza».
Le motivazioni dell'ergastolo per Horvat
Lo hanno messo nero su bianco i giudici della Corte d’Assise di Novara, presieduta da Gianfranco Pezone, nelle 87 pagine di motivazioni della sentenza con cui lo scorso 12 febbraio hanno condannato all’ergastolo Horvat, ritenuto colpevole di aver ucciso Barbara Grandi – che ha vissuto fino all’adolescenza a Bareggio – con 77 coltellate il 20 novembre 2019 nel suo appartamento di via Sanzio a Trecate.
«Numerosi, coerenti e schiaccianti elementi di prova»
Contro il compagno della vittima, secondo il collegio, ci sono «numerosi, coerenti e schiaccianti elementi di prova», ai quali va aggiunta la sua «totale incapacità di fornire una razionale spiegazione alternativa dei fatti». Horvat, che si è sempre professato innocente, aveva infatti sostenuto che a uccidere Barbara fosse stata una banda di rumeni che si sarebbero intrufolati in casa e lo avrebbe tramortito con un pugno in faccia. Una versione ritenuta non plausibile né dai giudici di primo grado né dal pm novarese Mario Andrigo, che per l’imputato aveva chiesto anche il riconoscimento dell’aggravante della premeditazione e l’isolamento diurno, entrambi non concessi dalla Corte. Che, a proposito del movente dell’omicidio, scrive: Horvat «manifestava profondo risentimento verso la vittima per la relazione intrecciata con suo fratello, dando sfogo alla sua gelosia e a intense pulsioni emotive, con sprezzanti frasi offensive e fortemente minacciose, fino a evocare, la notte del delitto al termine di una rabbiosa telefonata, la sua furia omicida».
Annunciato ricorso in Appello
In realtà, della relazione tra Barbara e il fratello di Horvat, difeso dall’avvocato Gabriele Pipicelli (che ha già annunciato ricorso in Appello), non c’è alcuna evidenza e si tratterebbe dunque di un sospetto infondato. Per la Corte d’Assise quanto emerso dalle indagini dei carabinieri e della Procura, inoltre, «riscontra in modo chiaro e inequivoco che l’autore dell’omicidio sia l’imputato», la cui versione è smentita dalle «escoriazioni, graffi e microlesioni alle mani» ossia «segni indicativi della colluttazione con la vittima e con l’uso di uno strumento tagliente».