Donazione organi e anonimato, a volte è meglio non sapere

A Bergamo il primo trapianto di cuore fu nel 1985 (il terzo in Italia), ma la situazione da allora è molto cambiata...

Donazione organi e anonimato, a volte è meglio non sapere
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Donazioni organi e anonimato, la battaglia di Galbiati e la preoccupazione dei medici. Alcune volte forse è meglio non sapere…

Dopo otto mesi la risposta di Costa

Dopo otto mesi e una petizione lanciata sulla piattaforma internazionale Change.org (raccolte già 3mila firme) Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, ha risposto a Marco Galbiati che – nella trasmissione Uno Mattina cui ha partecipato agli inizi di settembre 2017 – gli aveva chiesto un incontro per sottoporgli la parziale modifica della legge 91/1999 che, attualmente, prevede l’anonimato tra i famigliari del donatore di un organo e il ricevente.

La proposta di un contatto anonimo mediato

La proposta di un contatto anonimo mediato, però, non piace a Galbiati. “Se entrambe le parti sono consenzienti e lo confermano in modo esplicito è necessario permettere loro di conoscersi”. Quindi la proposta di un contatto anonimo mediato (analogamente a quanto accade con le staminali) non è ricevibile. Quanto al parere del Comitato Nazionale di Bioetica, Galbiati non accetta che “su un tema così sentito giungano pareri. E non venga, invece, data voce alle decine e centinaia di persone che chiedono quello per cui io sto combattendo”.

L’esperienza dell’ospedale di Bergamo

Galbiati ha più volte portato l’esempio di quanto avvenuto all’ospedale di Bergamo, dove – a suo dire – uno studio effettuato su un campione avrebbe confermato la volontà delle persone coinvolte di conoscersi reciprocamente. L’ospedale Papa Giovanni XXIII, però, non ha esitato a definirla “bufala”.

“Uno studio scientifico, destinato agli specialisti del settore, e non un sondaggio, era stato effettuato nei primi anni Novanta – ha fatto sapere il Papa Giovanni – erano gli anni dei primi trapianti ora la situazione è molto diversa. Non si capisce perché venga preso a modello proprio questo studio che, tra l’altro, evidenziava la prudenza dei medici nell’aprire alla reciproca conoscenza e confermando quindi la via dell’anonimato”.

Il primo trapianto nel 1985

E’ tutto diverso ormai da quel primo trapianto di cuore (il terzo in Italia) riuscito proprio all’ospedale di Bergamo sotto la guida del chirurgo Lucio Parenzan. Allora fuori dalla sala operatoria c’era tutta la stampa nazionale. Era un evento epocale. Impossibile mantenere l’anonimato delle due persone coinvolte tanto che a loro è stata intitolata proprio la nuova circonvallazione del Papa Giovanni XXIII.

Era la notte tra il 22 e il 23 novembre 1985. L’équipe di Lucio Parenzan, agli Ospedali Riuniti, eseguì il primo trapianto di cuore. A donare fu Emanuela Brambilla, estitsta 19enne di Fara morta in un incidente stradale. A ricevere il suo cuore fu il 48enne di Romano Roberto Failoniaffetto da una miocardiopatia dilatativa.

Alcune volte è meglio non sapere

Da quel giorno di trapianti ne sono stati fatti moltissimi, a Bergamo e in tutta Italia. E sono tantissime le famiglie che vorrebbero conoscersi e che si sono unite nella lotta di Galbiati. Ma non sapere, in certe occasioni, è meglio. Ci sono aspetti di questo incontro straordinario che possono avere risvolti poco piacevoli.

“In alcuni casi si sviluppano legami molto belli e positivi – ha ribadito l’ospedale – ma in altri casi si possono sviluppare delle attenzioni morbose, oppure si può venire a sapere che il donatore era una persona conosciuta dal ricevente che rischia di sviluppare sensi di colpa e depressione. Per questo la mediazione medica che garantisce l’anonimato è ancora la soluzione migliore secondo la comunità scientifica. In questo caso vengono forniti dei dati, come il sesso e l’età e sicuramente il risultato del trapianto che soddisfano un primo istinto di conoscenza”.

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