Detenuto si toglie la vita in carcere a Bollate
L'uomo, di origine italiana di circa 50 anni, era stato condannato per reati a sfondo sessuale.

Triste notizia in arrivo dal carcere milanese di Bollate, dove ieri, giovedì 18 febbraio, un detenuto si è tolto la vita. A dare la notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri.
Detenuto si toglie la vita in carcere a Bollate
E' del tardo pomeriggio di ieri la notizia della morte di un detenuto del carcere di Bollate. L'uomo, di origine italiana di circa 50 anni, condannato per reati a sfondo sessuale, si è impiccato all’interno della propria cella e nulla ha potuto fare il personale di polizia penitenziaria su quanto accaduto.
Le parole di Alfonso Greco, segretario per la Lombardia del SAPPE
“Le condizioni lavorative del personale di polizia penitenziaria sono sempre più gravose e, probabilmente, se avessimo maggiori risorse umane insieme ad altre figure deputate alla cura del disagio psicologico si riuscirebbe ad aiutare maggiormente quei soggetti a rischio suicidio. Per altro, l’ennesimo suicidio di una persona detenuta in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari”.
L'appello a Cartabia
Il SAPPE si rivolge al nuovo Ministro della Giustizia Marta Cartabia:
“Il nuovo Guardasigilli ha un profilo di altissimo livello e a Lei chiediamo un cambio di passo sulle politiche penitenziarie. Noi confidiamo molto nel nuovo Guardasigilli e auspichiamo che abbia il coraggio che non ha avuto Alfonso Bonafede su due priorità cruciali. Il primo: ogni giorno giungono notizie di aggressioni a donne e uomini del Corpo in servizio negli Istituti penitenziari del Paese, sempre più contusi, feriti, umiliati e vittime di violenze da parte di una parte di popolazione detenuta che non ha alcuna remora a scagliarsi contro chi in carcere rappresenta lo Stato. Servono, dunque, urgenti provvedimenti a tutela della stessa incolumità fisica delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria. Secondo aspetto: il crescente aumento degli eventi critici in carcere, che vedono spesso coinvolti ristretti stranieri e/o con problemi psichiatrici. Per il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti – lavorare, studiare, essere impegnati in una qualsiasi attività – è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti. E la proposta è proprio quella di sospendere la vigilanza dinamica: sono infatti state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili. Ed una soluzione va individuata anche prevedendo un circuito penitenziario ad hoc per i detenuti psichiatrici e le espulsioni dei detenuti stranieri”.