Conclude il turno di lavoro, ma non rientra in carcere: detenuta evasa
Protagonista una donna di 55 anni con precedenti per rapina a mano armata e furto aggravato.

Nuova evasione dal carcere di Bollate: stavolta in fuga c'è una donna di 55 anni con precedenti per rapina a mano armata e furto aggravato che non è rientrata nella casa circondariale una volta terminato il turno di lavoro.
Fugge dal carcere
Nuova evasione dal carcere di Bollate dopo quella di Emanuele De Maria. L'uomo, in carcere per l'uccisione di una tunisina a Castel Volturno, si era suicidato nel pomeriggio di domenica 11 maggio gettandosi dal Duomo di Milano dopo aver ucciso Chamila Wijesuriyauna, sua collega e aver ferito a coltellate un altro collega dell'albergo in cui ogni giorno lavorava con permesso come receptionist. E ora un nuovo detenuto ammesso al lavoro all'esterno, stavolta una donna, è in fuga. La protagonista è una donna di 55 anni, di etnia rom, ha precedenti per rapina a mano armata e furto aggravato.
La denuncia del sindacato
A dare la notizia della nuova evasione è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe). Così il vicesegretario regionale Matteo Savino:
"L’evasione ha visto per protagonista una donna, di circa 55 anni, ammessa a lavorare all’esterno del carcere ai sensi dell’articolo 21 dell’Ordinamento penitenziario, che non ha fatto rientro in Istituto al termine del turno lavorativo presso la ditta per cui lavorava. La donna, di etnia rom, ha un profilo criminale di spessore, per vari reati, tra i quali rapina a mano armata e furto aggravato. Immediatamente, è stato allertato tutto il personale presente e fuori servizio ed è iniziata la ricerca della donna evasa”.
Per il segretario generale del Sappe, Donato Capece:
"La priorità, adesso, è catturare l’evasa, ma una riflessione va necessariamente fatta su quanto avvenuto, oggi e in occasione della precedente evasione che ha avuto un epilogo tragico. Va necessariamente ripensato il concetto di fondo della pena alternativa al carcere, superando l'idea che essa possa essere la conseguenza di un automatismo di legge ad essa spesso connessa e non, invece, un vero e proprio istituto premiale per chi sconta la pena. Anche questa evasione è la conseguenza dello smantellamento, negli anni, delle politiche di sicurezza dei penitenziari. Smembrare la sicurezza interna delle carceri con vigilanza dinamica, regime aperto ed assenza di Polizia Penitenziaria favorisce inevitabilmente gli eventi critici, che sono costanti e continui - afferma - Servono regole ferree per ristabilire ordine e sicurezza nelle carceri, attuando davvero quella tolleranza zero verso i detenuti violenti che, anche in carcere, sono convinti di poter continuare a delinquere nella impunità assoluta. Qui serve, forte ed evidente, la presenza dello Stato, che non può tollerare questa diffusa impunità e servono provvedimenti urgenti ed efficaci".