E' vaccinata, ma si rifiuta di mostrare il Green pass per principio: sospesa comunque dall'ospedale
Elena Destrieri, tecnico di radiologia nel nosocomio di Legnano, è contraria al certificato verde vaccinale.
«Mi rifiuto di mostrare il green pass, sanno benissimo che sono vaccinata».
Si rifiuta di esibire la carta verde sul posto di lavoro in ospedale: sospesa
È una questione di principio per Elena Destrieri, 51 anni, tecnico di radiologia che lavora all’ospedale cittadino da oltre trenta e che è stata sospesa dal servizio perché alla richiesta di esibire il certificato verde vaccinale ha opposto un netto «no».
«La direzione sa che sono vaccinata, però io tutti i giorni, da buona pecora, per poter accedere al mio lavoro devo andare a far scannerizzare il Qr code. Dicono che è una misura sanitaria, ma non vedo niente di sanitario in questa questione. Ritengo invece sia un’inaccettabile limitazione della libertà personale. Io il green pass non solo non l’ho mai usato, ma non ce l’ho materialmente, non l’ho mai scaricato. La mia è una presa di posizione sull’emissione di una tessera senza la quale non si può accedere al proprio posto di lavoro. In ospedale siamo tutti vaccinati con prima e seconda dose, ora si profila all’orizzonte la terza. Adesso dovremo fare il tampone ogni 40 giorni, e se lavoriamo con persone fragili o immunodepresse ogni due settimane. Secondo me si è passato il limite...».
Battaglia di principio: «Siamo a un punto tale in cui non potevo più tacere»
Ma che cos’è che spinge qualcuno, che pure è vaccinato, a dire no al green pass al punto da rimetterci in prima persona? «La mia è una battaglia di principio, che sto portando avanti pur sapendo che potrebbe danneggiarmi: io amo tantissimo il mio lavoro e, come tutti, ho bisogno dello stipendio - prosegue la legnanese - Ma siamo arrivati a un punto tale in cui non potevo più tacere. Con la mia protesta vorrei dare un segnale: come quando punti la sveglia la mattina alle 6... Banalmente, a me non sembra logico che se un giorno dimentichi il cellulare o ce l’hai scarico, tu sia fuori, costretta ad andare a casa. E poi: se vado al mercato di Legnano con mio figlio tutto bene, ma se attraverso la strada per andare sulle giostre allora no perché mio figlio non ha il green pass e io neppure visto che non l’ho scaricato?».
«Sanno che siamo tutti vaccinati, perché imporre un'ulteriore verifica?»
La sospensione dal lavoro di Elena è scattata venerdì 15 ottobre, giorno in cui è entrato in vigore l’obbligo di certificazione verde per tutti i lavoratori pubblici e privati. Quel giorno è andata in ospedale come sempre, ma quando le hanno chiesto la certificazione verde si è rifiutata di mostrarla. A mezzogiorno, quando mancava un’ora alla fine del suo turno, è stata mandata a casa. «Io quella mattina ero stata chiara fin da subito ma ammetto che sono cascata dal pero: sapevo che il 15 ottobre scattava l’ora x, ma ero convinta valesse per tutte le altre categorie di lavoratori, non per noi sanitari, visto che la direzione sa benissimo che siamo vaccinati, altrimenti saremmo già stati sospesi. Il vaccino per noi non era una scelta ma un obbligo, pena rimanere a casa senza stipendio. Per questo alla richiesta del pass ho risposto che non vedevo la logica di questa regola: avete una lista delle persone vaccinate, perché mi imponete un’ulteriore verifica? Mi è stato risposto: se non lo esibisci è come se non lo avessi. Facendo leva sul fatto che tutti abbiamo bisogno di lavorare, mi sembra si stiano facendo passare misure coercitive assurde».
«Sono sola, ma se nessuno denuncia il problema, il problema rimane»
Elena si rendo conto che con la sua scelta non sta danneggiando solo se stessa - che è a casa senza stipendio - ma anche i pazienti, che nel suo reparto sono al 90% oncologici. «Ma a quanto pare l’ospedale non si pone questo problema e si permette di mandare a casa una persona pur sapendo che è in regola con le vaccinazioni» commenta amaramente.
Lei però deve fare i conti con la propria coscienza. «Se nessuno denuncia il problema, il problema rimane. Sta diventando un’abitudine far passare qualunque richiesta limitativa della libertà individuale perché siamo in pandemia».
Elena per il momento è sola nella sua battaglia: «Il sindacato mi ha detto: ma dai, stampa questo pass e torna al lavoro». Né ha idea di come possa andare a finire: «Senza falsa modestia, ho una carriera limpida. Sono una che lavora sodo, in trent’anni non ho mai timbrato il cartellino in ritardo. Ma adesso tutto questo non conta: ho detto no al green pass, e quindi passo automaticamente per una no vax. Ma io non dico affatto che il Covid non esiste, tutt’altro. Ho vissuto l’emergenza in prima linea, come tutti i colleghi. Non mi sono mai tirata indietro, nemmeno a marzo 2020, quando non si sapeva nulla del nemico contro il quale eravamo chiamati a lottare; quando c’erano le scuole chiuse e, io, madre separata, non sapevo a chi lasciare mio figlio di 10 anni. E ora, a distanza di un anno e mezzo e con due dosi Pfizer in corpo, mi vengono a dire che devo esibire un Qr code?».
«Ora attendo che l'ospedale mi comunichi ufficialmente la sospensione»
Sul fronte burocratico adesso la legnanese attende aggiornamenti dall’ospedale. Lunedì 18 si è comunque presentata sul posto di lavoro coprendo le prime due ore. Alla richiesta di esibire il certificato verde ha rinnovato il proprio «no» ed è stata mandata a casa. «Per ora non ho ricevuto nulla di scritto, se non la notifica sul cartellino elettronico di sospensione ai sensi del decreto legge 127 del 21 settembre 2021. Ho inviato una mail alla mia capotecnica dicendo che non sarei rientrata finché mi fosse stato richiesto il certificato verde e una pec alla direzione nella quale chiedevo che la sospensione mi fosse comunicata ufficialmente. Sto ancora aspettando una risposta, per il momento non posso fare altro. Mi si dice che queste sono le regole e che le devo seguire: ma vorrei sottolineare che non sono una testa calda, e che finora ho fatto tutto quello che mi hanno chiesto, è da un anno e mezzo che indosso la mascherina, mi sono vaccinata, ma questa per me è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso».
«So che se mio papà fosse qui mi avrebbe detto: "Vai Lele, avanti così»
Poi la voce di Elena si fa più dolce: «Ogni tanto penso al mio povero papà (il compianto Alberto Destrieri, l’attore che interpretava la Pinetta nella compagnia teatrale dei Legnanesi, ndr) e mi chiedo che cosa mi direbbe vedendomi impegnata in questa battaglia. E poi sorrido, perché mi pare di sentire le sue parole: “Vai Lele, avanti così».
Nella foto di copertina: Elena Destrieri, 51 anni, tecnico di radiologia all'ospedale di Legnano. È figlia del compianto Alberto Destrieri, l’attore che interpretava la Pinetta nella compagnia teatrale dei Legnanesi
LEGGI ANCHE: Ha il Covid in gravidanza, partorisce d'urgenza e sta in coma per tre settimane: miracolata