Quella della missione a Nairobi, capitale del Kenya, è stata “un’esperienza toccante, che non vogliamo rimanga fine a sé stessa”.
Nove ragazzi in missione a Nairobi con don Giovanni Patella
Così il responsabile della pastorale giovanile di Busto Garolfo don Giovanni Patella riassume il servizio missionario nel Paese africano, in cui ha raggiunto dal 2 all’11 gennaio padre Maurizio Binaghi, missionario comboniano bustese che da dieci anni si occupa di aiutare gli adolescenti e i giovani uomini della baraccopoli di Korogocho a uscire da una vita fatta di povertà, dipendenza da droghe e difficoltà di ogni genere, accompagnandoli in un percorso di recupero e purificazione della durata di un anno, per poi indirizzarli a una scuola professionale. Patella, a Busto Garolfo da un anno e mezzo, è stato affiancato nel suo viaggio da Gytis Mattia Carcano, Leonardo Clementi, Camilla Giola, Manuel Marchiori, Marco Parotti, Marta Pinciroli, Gabriele Porta, Sara Zanzottera e Anita Colombo, nove ragazzi dai 20 ai 25 anni di età, che con lui hanno avuto modo di entrare nel vivo dell’attività del loro concittadino missionario, che nella baraccopoli e nella vicina discarica di Dandora ha creato due centri riabilitativi per la gioventù maschile del posto.
“Il confronto con i ragazzi di Korogocho è stato molto emozionante”
Spiega don Giovanni:
“Quando ho conosciuto padre Maurizio abbiamo creato da subito un bel legame e nel momento in cui sono venuto a conoscenza della sua missione a Nairobi, ho deciso di raggiungerlo insieme ai ragazzi per portargli un po’ di calore e per aprire gli occhi sulla dura realtà della popolazione locale. Abbiamo avuto modo di toccare con mano quello che questo nostro concittadino fa e vive ogni giorno, entrando in luoghi in cui il turista medio non va, e abbiamo anche avuto l’occasione di incontrare una trentina di ragazzi che avevano da poco concluso il loro percorso di riabilitazione e si stavano preparando a iniziare la scuola, e il confronto con loro è stato molto emozionante. In particolare, alla domanda su quali fossero i desideri che si portano nel cuore iniziando a studiare, hanno risposto che vogliono imparare il più possibile, per poi tornare dalle loro famiglie e aiutarle a loro volta a riscattarsi, dare loro gli strumenti per rimettersi in piedi”.


