CERRO MAGGIORE

Inchiesta gestione Covid: "Sia ridata la dignità tolta a mio padre morto"

Il 16 marzo 2020 ha perso il papà, lo zio e il nonno nella Bergamasca; "Se ci sono colpevoli devono pagare; dovevamo uscirne migliori, vedo solo negazionismo ed egoismo: non si è imparato nulla"

Inchiesta gestione Covid: "Sia ridata la dignità tolta a mio padre morto"
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Inchiesta sulla gestione dell'emergenza Covid, Elena Gabbiadini di Cerro Maggiore è tra le parti offese.

Gestione Covid, cerrese tra le parti offese dell'inchiesta

Abita a Cerro Maggiore, è di origine bergamasca. Lei è Elena Gabbiadini e figura tra le parti offese nell'inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria del Covid a Bergamo (mancato aggiornamento e attuazione del piano pandemico nazionale e mancata istituzione della zona rossa ad Alzano-Nembro). Il 16 marzo 2020 Elena ha perso il padre Claudio, 70 anni, il nonno e le zio che abitavano proprio nella Bergamasca. Tutti con sintomi Covid (impossibile fare il tampone in questi giorni di caos), tutti e tre morti in casa. Il padre durante una crisi respiratoria, improvvisa, durata due minuti (tra l'altro avrà notizie del corpo del padre tempo dopo). La madre per 75 giorni è stata chiusa in casa, con la paura anche lei di morire come gli altri tre della famiglia.

"Se ci sono responsabili, devono pagare"

"Sicuramente sapere che ci sono degli indagati è una “vittoria” ma non so fino a che punto perché sappiamo come finiscono poi queste cose - spiega Gabbiadini, che fa parte del movimento 'Noi denunceremo' - Ho sporto la mia denuncia, di essere parte civile non mi è interessato perché non c’è risarcimento che possa ridarmi mio padre. Chi può stabilire quanto può valere la sua vita? Al massimo il risarcimento dovevano darlo a mia madre, a lei che è stata 75 giorni in casa da sola E il risarcimento dovrebbero darcelo per i funerali di mio padre e mio nonno: 13mila euro per qualcosa senza fiori né Voglio giustizia per mio padre. Se ci saranno dei colpevoli, devono pagare come succede a noi comuni mortali. Mi auguro siano accertate le colpe senza assistere al solito scaricabarile di tipo politico".

"Non abbiamo imparato niente"

"In quei giorni del 2020 c’era una disorganizzazione totale - ricorda Gabbiadini - Mio padre stava male, ho chiamato due volte l’ambulanza ma non è arrivato nessuno. Lo ribadisco: io non ce l’ho con medici, infermieri e soccorritori, loro erano davanti a scene di guerra: io punto il dito molto più in alto. Nella provincia di Bergamo non c’è una persona che non abbia un familiare morto per il Covid. E aggiungo: alle morti ufficiali, vanno aggiunte quelle in casa, da soli. Come i casi di mio padre, mio nonno e mio zio. E sono stati tantissimi".

La cerrese conclude:

"Pensavamo che quel periodo ci aveva cambiato, ci avesse fatto imparare qualcosa. Invece nulla. La gente è peggiorata in tutto e per tutto. C’è un grande egoismo e maleducazione. Tre anni fa piangevamo i morti, oggi la gente se n’è dimenticata. Qualcuno è venuto anche a chiedermi se le famose bare nei camion dell’Esercito fossero vere o meno. Ma ci rendiamo conto? Mettono in dubbio quanto accaduto. Se questa emergenza succedesse di nuovo? Penso che accadrebbe di nuovo quello che abbiamo visto. Non abbiamo imparato nulla: è questo il riassunto di questi tre anni".

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