il caso

Il Comune denuncia la giornalista, il collettivo: "No ad atti intimidatori"

La giornalista aveva dichiarato di "Aver visto le mafie entrare in Comune ad Abbiategrasso".

Il Comune denuncia la giornalista, il collettivo: "No ad atti intimidatori"
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Dopo che il Comune di Abbiategrasso ha denunciato la giornalista Sara Manisera, il collettivo Picabù chiede all'Amministrazione di ritirare la denuncia e aprire un dibattito.

Denuncia alla giornalista: la richiesta del Collettivo

Chiedono la ritira della denuncia contro Sara Manisera e l'organizzazione di un dibattito i componenti del collettivo Picabù di Abbiategrasso dopo che lo stesso Comune aveva deciso di denunciare la giornalista.

"Abbiamo appreso con stupore, rabbia e preoccupazione la decisione della Giunta di Abbiategrasso che con delibera del 1° settembre, all’unanimità, ha deciso di querelare Sara Manisera per le dichiarazioni fatte a Cutro (KR) l'8 giugno scorso mentre ritirava il Premio Nazionale Diego Tajani nel Giornalismo di Inchiesta Sezione Giovani. Sara, parlando a studenti e studentesse calabresi, in un discorso molto più ampio, tra le tante cose aveva affermato: "Ad Abbiategrasso, in provincia di Milano, ho visto le mafie entrare nel comune, negli appalti pubblici, e soprattutto dentro il cemento, perché alle mafie una cosa che piace tanto è il cemento, i centri commerciali". Questa frase, registrata e condivisa nei social, ha indispettito la Giunta di Cesare Nai che ha provveduto a querelarla. Nelle delibera del 1° settembre si legge che "La condotta della giornalista free lance Sara Manisera lede gravemente la reputazione dell'Amministrazione Comunale di Abbiategrasso, del Sindaco, nella duplice veste di Funzionario e di persona fisica e l’immagine della Città di Abbiategrasso e di tutti i suoi cittadini".

Al fianco della giornalista denunciata

"Sara è principalmente un’amica, oltre a una giornalista free lance di grande talento che spesso ha partecipato al Picabù Festival, aiutandoci, grazie al suo prezioso lavoro giornalistico, nel nostro processo di elaborazione e destrutturazione di stereotipi e luoghi comuni - fanno sapere dal collettivo - Ci ha raccontato delle condizioni delle donne irachene, di sfruttamento e caporalato nelle campagne italiane, di antropocene e problematiche ambientali che coinvolgono anche questo territorio. La sua presenza ha sempre stimolato dibattito, approfondimento, collegamenti, spingendoci sempre un passo in là nello sforzo di avvicinare il più possibile ciò che è percezione della realtà, alla realtà effettiva delle cose. È evidente che chi governa Abbiategrasso non abbia invece interesse a cogliere questa opportunità, ma preferisca utilizzare le forme intimidatorie della querela, interpretando a proprio piacimento le parola di Sara. La pratica è piuttosto diffusa, nota come "querela bavaglio" o SLAPP (Strategic lawsuit against public partecipation), molto utilizzata dai governi o dai grandi interessi privati come le multinazionali che agiscono contro le ONG. Al punto che anche la Commissione Europea si è più volte espressa sull'argomento, adottando misure di protezione dell'attività giornalistica. Ma in che modo una giornalista che fa il suo lavoro in maniera indipendente, che non cita nessun nome e cognome ma fa accenno a un territorio, può ledere la reputazione e l'immagine della città e dei suoi cittadini? Perché il gruppo dirigente che si appresta a governare interventi epocali su questo territorio come lo sviluppo di una grande area commerciale e le infrastrutture stradali, invece di proporre dibattito, alimentando attenzione e conoscenza sulla presenza mafiosa ad Abbiategrasso, preferisce rivolgersi agli avvocati?
Chiediamo alla Giunta comunale di ritirare quanto prima la querela e di impegnarsi a dare forma a un dibattito pubblico sul tema delle infiltrazioni mafiose e individuare strumenti orizzontali di relazione con la società civile. Esprimiamo a Sara tutta la nostra solidarietà e immensa stima per il suo lavoro che riteniamo più che mai necessario, anche per la crescita della nostra città".

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