Donna operata a Gaza, raccolta fondi per aiutarla e salvarla con la sua famiglia. L’appello di Chantal Antonizzi di Parabiago.
Donna operata a Gaza, raccolta fondi per aiutarla
E’ stata operata a Gaza, in Palestina. Dove ora manca tutto, con le persone sotto le bombe durante il genocidio in corso da parte di Israele. La raccolta fondi, che punta anche a mettere in salvo la famiglia della donna (da lei conosciuta personalmente anni fa), è promossa da Chantal Antonizzi, di Parabiago, (che è anche membro di Amnesty International, attivista per i diritti umani dal 2007 e che nel 2012, insieme a medici e infermieri, ha portato medicinali e attrezzature mediche nella Striscia di Gaza), che nella nostra intervista di dicembre 2023 aveva ricordato come nella Striscia di Gaza fosse in atto “una pulizia etnica” e come per Israele “serva una Norimberga”.
“Ognuno doni quello che può”
“A Gaza non sono solo le bombe, i cecchini e la fame a mettere in pericolo la vita delle persone – si legge nel testo della raccolta fondi a firma di Antonizzi – Mi scrive Maha che pochi giorni fa ha subito un brutto intervento ginecologico e purtroppo per la mancanza di farmaci, a seguito dell’operazione, non ha potuto prendere degli antidolorifici. Non c’era una casa calda e accogliente ad aspettarla, ma bombe e ordini di evacuazione. Come se non bastasse ha dovuto camminare fino a casa per la mancanza di ambulanze o automobili poche ore dopo l’intervento.
Non posso immaginare il dolore. Ogni cosa ha un costo insostenibile per le famiglie di Gaza, aiutiamoli donando quello che possiamo e condividendo nella nostra cerchia di persone questa raccolta fondi.
Il messaggio di Maha:
“Yesterday, I had a uterine hemorrhage at 1:00 AM. The situation was very dangerous. There was shelling, gunfire, and quadcopters. An ambulance came to me with difficulty. It is a prolapse of the uterus, a prolapse of the bladder, and a cut of part of the cervix, 3 surgeries in one operation.
After I finished my treatment and they dealt with the bleeding and stopped it, I stayed in the corridor waiting for 6 in the morning to leave the hospital, because I was not allowed to go home, it was too dangerous.
I went on foot because there were no cars or people due to the evacuation of Gaza City, despite my critical health condition.
If the case had been delayed any longer, they would have had to remove the uterus completely, but thank God they caught up with me and dealt with me carefully because of my young age.
I was screaming in pain, I don’t even dream of a needle, let alone stitches.
On top of this pain, I returned home on foot because there are no cars in northern Gaza”.