La storia da Arluno

"Così sono diventato illustratore giudiziario"

Chi è Andrea Spinelli, di Arluno classe 1990, artista e primo "courtoom sketcher", disegnatore nelle aule di Tribunali.

"Così sono diventato illustratore giudiziario"
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Nell’aula del Tribunale della Corte d’Assise di Milano, tra un’arringa e l’altra, si sente il suono di una matita che scorre frenetica sulla carta e di un pennello che dà vita ai disegni. La mano che muove quella matita e quel pennello è di Andrea Spinelli, di Arluno classe 1990, artista e primo courtoom sketcher, disegnatore nelle aule di Tribunali.

La storia di Andrea Spinelli

La pratica del "live painting", del disegno dal vivo, è estremamente diffusa nel mondo anglosassone, dove si declina nella rappresentazione di ogni sorta di evento: dai concerti, ai matrimoni a, per l’appunto, le udienze giudiziarie.

"Disegno da quando ho coscienza - ha raccontato Spinelli - Ho frequentato il liceo artistico Einaudi di Magenta, ma sono autodidatta: il liceo mi ha dato le basi ma poi ho volto continuare da solo, imparando da me le tecniche pittoriche come l’acquerello".

"Ho unito le mie passioni"

La vita di Andrea però è da sempre dedicata all’arte in diverse sue forme, ed è da queste intersezioni che nasce la sua attività.

"Io sono anche musicista – ha raccontato – Per più di dieci anni ho suonato la batteria in varie band. Poi ad un certo punto ho smesso di suonare, ma volevo rimanere nell’ambito del live, della performance, quindi ho iniziato a realizzare opere di live painting a concerti e matrimoni".

È in questo momento che interviene l’interesse per il crime, e Andrea collega i puntini:

"Ho sempre avuto una passione per il crime, anche altri mi dicevano che ricordavo loro i live painters americani. Tutte queste cose si sono sedimentate e nel settembre 2022 ho deciso di scrivere al presidente del Tribunale di Milano, il dottor Fabio Roia, che ha subito accolto la mia idea".

"Ecco perché prediligo l'acquerello"

Spinelli ha spiegato quali sono gli elementi che cerca di carpire nella realizzazione delle sue opere:

"Cerco di avere un occhio giornalistico di documentazione dei fatti, che coniugo con il lato artistico, la parte emotiva e psicologica di ciò che accade in aula, che sia un diverbio, un test che si emoziona, una crisi".

Per quanto riguarda la tecnica pittorica, l’arlunese predilige l’acquerello perché "anche se da usare in aula è scomodo, è la mia tecnica, mi ci ritrovo, e inoltre è molto espressivo. Vengo da quello, e voglio portare ciò che io sono e il mio percorso in questo".

Durante la sua attività, Andrea si trova molto spesso davanti a persone colpevoli di delitti indicibili, principalmente omicidi.

"Sono persone in cui ho percepito un disagio molto forte, sociale o psicologico, che emerge in aula - ha sottolineato - Non si tratta per forza di follia, tutti potrebbero essere persone apparentemente normali, il vicino di casa. Per questo non credo molto nella tesi di chi dice c si diventa mostri all’improvviso, penso sia un processo lento che si sedimenta".

Quale il processo che gli è rimasto più impresso?

Andrea infine ha raccontato che il processo che più gli è rimasto impresso è stato il primo a cui ha assistito, quello a Lucia Finetti, condannata all’ergastolo per aver ucciso il marito.

"Di quel processo mi sono rimaste impresse due cose: lei quando ha testimoniato si è messa a piangere, e poi nel momento della sentenza ho visto una persona perdere completamente le speranze - ha concluso - Per questo credo che il mio sia un lavoro che insegna molto, anche sotto l’aspetto psicologico. Guardando le cose con i propri occhi, si scopre cosa vuol dire vedere la legge applicata".

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