DOPO 16 ANNI DI CARCERE

Bestie di Satana, Andrea Volpe torna libero

Fu uno dei "pezzi da novanta" della setta satanica. Ora si rifarà una vita.

Bestie di Satana, Andrea Volpe torna libero
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Scarcerato dopo 16 anni Andrea Volpe, uno dei leader delle Bestie di Satana, la setta che seminò morte e terrore anche in Martesana. Al tempo degli omicidi con lui anche, Nicola Sapone, era residente a Dairago.

Bestie di Satana, Andrea Volpe libero

Volpe, 44 anni, uno dei membri di spicco della setta satanica, ha finito di scontare la sua pena il 14 marzo ed è quindi uscito dal carcere di Ferrara, dove ha trascorso gli ultimi 16 anni della sua vita.Oggi, come racconta il settimanale Giallo è dunque un uomo libero, che si dedica alla sua fede nella Chiesa evangelica.

Appena terminate le misure restrittive imposte per l’emergenza Coronavirus, dunque, sarà libero di cercarsi un impiego e rifarsi una vita.

I primi delitti

Il colognese Fabio Tollis e l’amica Chiara  Marino furono le prime vittime della setta delle Bestie di Satana nel 1998. Una vicenda che aveva sconvolto l’Italia e che era arrivata perfino negli Usa, dove la Cnn non aveva esitato a definirla una delle storie più scioccanti del nostro Paese del dopoguerra.

La setta

I più noti esponenti del gruppo erano Andrea Volpe, l’esecutore, e Nicola Sapone, il leader, residente a Dairago. Poi c’erano il capo carismatico Paolo Leoni, detto «Ozzy», Elisabetta Ballarin, la donna di Volpe, il «medium» Mario Maccione, i brugheresi Marco Zampollo e Pietro Guerrieri, e Eros Monterosso.

Lo chalet degli orrori

I crimini della setta vennero alla luce il 25 gennaio 2004. Quando Volpe e Ballarin uccisero Mariangela Pezzotta, ex fidanzata che sapeva troppo delle loro attività. Così con una scusa la invitò a cena nello chalet di Golasecca, nel Varesotto. Mentre Elisabetta Ballarin, la sua nuova compagna, era in cucina a preparare due dosi di speedball (cocaina ed eroina), Volpe, al termine una violenta discussione con la sua ex , esplose con una pistola Smith&Wesson due colpi al volto della donna, che però non morì sul colpo. Fu Sapone, chiamato dalla coppia, a finirla a colpi di badile, per poi ordinare ai due, accusati di «non saper nemmeno ammazzare una ragazza», di seppellire la vittima (ancora agonizzante) nel giardino e far sparire la sua auto a nel Ticino. Il tutto dopo che l’ex fidanzato, come in un macabro rito d’iniziazione, aveva bevuto il suo sangue.

L’incidente

Ballarin si mise alla guida, seguita da Volpe, sulla sua vettura. Ma le condizioni alterate per l’abuso di droga, la fecero finire contro un muro. Il fidanzato la fece salire sul suo mezzo, la portò poco distante e chiamò i soccorsi. Ai carabinieri raccontò di essere stato aggredito insieme alla donna da dei balordi, ma la versione dei due non convinse. Ballarin, peraltro, in ospedale, in preda agli effetti degli stupefacenti, parlò della morte di Mariangela. Il giorno dopo il corpo di Pezzotta fu ritrovato, dando il via alle indagini.

A Cologno

A Cologno Monzese, intanto, da sei anni un papà non aveva notizie del figlio. Era Michele Tollis, che il 17 gennaio 1998 aveva visto sparire Fabio, 16 anni, con l’amica Chiara Marino. Da allora aveva iniziato a frequentare i suoi «giri», e non si era mai fidato di Volpe. Quando lo vide in televisione protagonista del delitto di Golasecca collegò immediatamente le due situazioni. E l’intuizione fu giusta. Volpe, incalzato negli interrogatori, crollò, e confessò i tre omicidi.

L’uccisione dei due

Chiara pagò la volontà di uscire dalla setta, e Fabio la titubanza nella decisione di ucciderla. Furono ammazzati vent’anni fa, dopo una serata al Midnight, il locale di Milano che la setta era abituata a frequentare.

17 gennaio 1998

Quella sera Fabio  chiama papà Michele e gli dice che non tornerà a casa. Poi non risponde alle domande dell’uomo e mette giù. Il colognese prende l’auto e raggiunge il locale, ma del figlio non c’è traccia. Fabio e Chiara spariscono per 6 anni. Sino a quando Volpe confessa e conduce gli inquirenti nei boschi di Somma Lombardo. Dove quella sera Volpe, Sapone e Maccione li avevano condotti. Prima la violenza sulla ragazza, poi le coltellate e le martellate in testa a entrambi. Sino alla sepoltura in una buca fatta scavare il giorno prima a Guerrieri. I tre orinano sui due corpi ancora agonizzanti e il leader, dopo aver intinto una sigaretta nel loro sangue, la accese e se la fumò. Ma c’è di più. Imitando il passo di uno zombie insultò e schernì i due, moribondi, cui aveva infilato dei ricci di castagna in bocca per non sentire i loro rantolii.

Andrea Bontade

La quarta vittima acclarata del gruppo è Andrea Bontade.   Il giovane, 20 anni, era uno dei membri storici del gruppo, ma si era macchiato del crimine di non aver partecipato al delitto di Fabio e Chiara. E per questo doveva morire. Stando a quanto ricostruito, Bontade andò a sbattere con la sua auto a 180 chilometri orari contro un muro subito dopo un incontro con Sapone. «O lo fai tu o lo facciamo noi», gli avrebbe detto il leader della setta. E che quello del ventenne sia stato un suicidio è dimostrato dalla totale assenza di segni di frenata sull’asfalto. Era il 21 settembre 1999.

Il processo e le condanne

Le «Bestie di Satana» sono tutte finite in carcere con condanne dai 12 anni al doppio ergastolo, confermate il 25 ottobre 2007 dalla Corte di Cassazione.  Guerrieri, l’unico a pentirsi pubblicamente (piangendo al processo) e a risarcire le vittime, è uscito dal carcere nel 2012, mentre Maccione, all’epoca dei fatti minorenne, è libero dal 2018. Ballarin nel frattempo si è laureata e ha chiesto la grazia al presidente della Repubblica (firmata anche dal papà di Mariangela Pezzotta). E’ uscita di prigione a maggio 2017 saldando il proprio debito con la giustizia. Per gli altri le porte del carcere restano ancora chiuse.

Tanti casi ancora aperti

Ma la storia delle Bestie di Satana non finisce qui. Tanti i casi ancora senza soluzione. Come la sparizione del carugatese Cristian Frigerio, sparito da casa nel 1996 e mai più ritrovato. Intanto, a vent’anni di distanza, Michele Tollis ha denunciato di non aver ancora ricevuto neppure il risarcimento.

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