Morti in corsia, la lettera di Cazzaniga: "Ho voluto liberare i pazienti dal dolore"
Non cambia la linea difensiva: il Protocollo non come cocktail letale di farmaci ma un trattamento palliativo.
Morti in corsia, l'ex viceprimario del Pronto Soccorso Leonardo Cazzaniga, accusato di 15 omicidi, è intervenuto in aula con una lettera.
Morti in corsia, Cazzaniga scrive a giudice e giuria
Non voleva uccidere ma accompagnare a una morte serena. Questo, in sintesi, il messaggio della lettera che Leonardo Cazzaniga ha letto oggi nell'aula del Tribunale di Busto che dovrà decidere sulla sua colpevolezza nelle 15 morti sospette tra il Pronto Soccorso di Saronno e la famiglia dell'ex compagna Laura Taroni.
"Una struggente compassione per le sofferenze dell'umanità"
Cazzaniga si è raccontato all'opposto di come l'hanno descritto durante il processo colleghi e infermieri dell'ospedale: "Come Bertrand Russel anche nel mio caso tre passioni semplici, ma irresistibili, hanno governato la mia vita: la sete d’amore, la ricerca della conoscenza e una struggente compassione per le sofferenze dell’umanità. Questo è l’uomo che oggi vi parla e che voi oggi siete chiamati a giudicare".
Palliativi, veleni
L'ex medico ha ribadito anche il suo obbiettivo nel creare prima, e nel somministrare poi, il suo Protocollo che secondo l'accusa aveva lo scopo di accellerare la dipartita dei pazienti, tanto da portare la Procura a chiedere l'ergastolo per omicidio volontario. "Un approccio eminentemente di natura etico-morale - l'ha definito - volto a impedire ai morenti di percepire la vicinanza della fine, nella convinzione che una morte serena altro non sia che la declinazione finale di una buona vita. In queste situazioni è stato mio precipuo intendimento liberare i miei pazienti dal dolore e dalla sofferenza agonica che li opprimeva".
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