Rimborsopoli in Lombardia, arriva la sentenza di primo grado: 52 condannati
Condanne anche per Sante Zuffada (Magenta) e Fabrizio Cecchetti (Rho).
Rimborsopoli: è stata emessa venerdì 18 gennaio la sentenza di primo grado per il processo sulle cosiddette spese pazze in Regione Lombardia che aveva ben 57 imputati.
Rimborsopoli: la sentenza
Il Tribunale di Milano ha condannato in primo grado 52 dei 57 ex assessori ed ex consiglieri regionali accusati di peculato. Fra i condannati anche volti molto noti della politica come Renzo Bossi, per lui il giudice ha disposto una pena di 2 anni e 6 mesi, e Nicole Minetti, 1 anno e 8 mesi, stessa condanna inflitta a Massimiliano Romeo, ex assessore a Monza e attuale capogruppo della Lega in Senato (la pena è sospesa ed è stata decisa la non menzione).
Le pene sono andate da un anno e 5 mesi fino a 4 anni e 8 mesi
Pena da un anno e cinque mesi fino a 4 anni e 8 mesi. Tra i condannati anche Sante Zuffada (Forza Italia), ex sindaco di Magenta, Fabrizio Cecchetti (Lega), rhodense attualmente onorevole, e Alessandro Colucci (Noi con l'Italia), ex assessore a Magenta. Assolti o prescritti 5 ex consiglieri, tra loro anche Massimo Ponzoni. Poi Romano Colozzi, Daniel Luca Ferrazzi, Carlo Maccari. Per Davide Boni la prescrizione dall’accusa di truffa.
Rimborsopoli
Lo scandalo delle spese pazze in Regione era scoppiato nel 2012; secondo i pm gli ex assessori e gli ex consiglieri regionali avrebbero speso illecitamente 3 milioni di euro, facendoli figurare come spese di rappresentanza e chiedendo, e ottenendo, il relativo rimborso spese. Nelle spese contestate ad alcuni imputati c’erano anche Gratta e vinci e fuochi d’artificio.
Rifiutata l’istanza di rinvio
Uno degli avvocati della difesa aveva chiesto al giudice Gaetano la Rocca l’istanza di rinvio per via di una norma in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che avrebbe consentito di derubricare il reato passando dal peculato a quello di indebita percezione di erogazioni o fondi pubblici, meno grave.
La richiesta non è stata valutata proprio perché la legge ancora non è valida.