Il direttore del Corriere a Merate: “Salvini quel Governo non lo voleva, ora coraggio della responsabilità”
Ha presentato il libro "Un Paese senza leader" e spaziato a 360 gradi sulla drammatica congiuntura politica attuale
Il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana ospite della Fondazione Costruiamo il Futuro a Merate. Intervistato da Maurizio Lupinell’auditorium del Municipio per la presentazione del suo libro “Un Paese senza leader“, ha spaziato a 360 gradi sulla drammatica congiuntura politica attuale. Un incontro organizzato anche con il contributo del Giornale di Merate e del nostro gruppo editoriale, Netweek.
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Il direttore del Corriere a Merate
Non sono giorni facili per il direttore del primo quotidiano nazionale, con la polveriera politica in perenne pericolo di deflagrazione. Eppure nella serata di martedì 29 maggio 2018, Luciano Fontana ha lasciato il quartier generale del Corriere della Sera di via Solferino per raggiungere Merate. Prima tappa la sede centrale del nostro gruppo editoriale in via Campi, una rapida visita negli uffici Netweek e nella redazione del Giornale di Merate e un breve incontro con l’amministratore delegato Alessio Laurenzano e i vertici aziendali insieme al direttore editoriale Lombardia Giancarlo Ferrario.
Il faccia a faccia con Lupi in Municipio
Poi l’incontro nell’auditorium comunale. Un’ora d’intervista direttamente curata dal presidente della Fondazione Costruiamo il Futuro Maurizio Lupi, che ha voluto regalare a un’interessatissima platea un’occasione per andare oltre lo schermo a due dimensioni della politica e, in buona sostanza, per capirci qualcosa in più.
“Ma come siamo arrivati a questo punto, oggi, con una terza Repubblica che stenta a partire quando forse non era nata neppure la seconda?”, ha chiesto provocatoriamente l’onorevole centrista.
Secondo il direttore del Corsera, a causa del fatto che qualsiasi previsione, in brevissimo tempo, è stata del tutto scombinata.
“Più che l’avanzamento dei Cinque Stelle, il punto focale è stato il cambio di leadership nel Centrodestra, un ruolo che ha sempre ricoperto un indiscusso Berlusconi. Che la legge elettorale fosse pessima, lo si sapeva, ma si pensava che in ogni caso potesse dare margini di accordo a Pd e Forza Italia. E invece Salvini e i Cinque Stelle hanno scombinato i piani. Il problema è che poi lui e Di Maio, in un sistema proporzionale, si sono messi a ragionare con la vecchia logica del maggioritario – “Ho vinto io” – rispettivamente con il 17 e il 32% dei voti…”
Salvini non lo voleva quel Governo
“Diciamoci la verità, Salvini quel Governo non lo voleva fare, per questo ha esasperato tutto con Savona (avendolo avuto come presidente di Rcs per altro mi fa sorridere che ora sia la punta di lancio dei populismi…). Poi, che si prenda un signore di Firenze e lo si metta a fare il premier, sarà anche una speranza per tutti i comuni mortali… ma la verità è che doveva essere Di Maio il Presidente del Consiglio incaricato. E’ saltato a causa della Lega, ma ora serve il coraggio della responsabilità“.
Il coraggio della responsabilità: perché
“A tre mesi dal voto, proprio nella notte forse più lunga in cui, zoppicante il Presidente del Consiglio incaricato Cottarelli, i partiti stanno provando a ritrovare una quadra per tentare in extremis di formare un Governo politico, siamo di fronte a un’emergenza conclamata. Le forze politiche si stanno preoccupando davvero. Gli investitori internazionali non vogliono più comprare il nostro debito pubblico per il rischio che l’Italia non rispetti più gli obblighi: è a rischio la tenuta finanziaria del Paese. E non serve a nulla mettere in discussione l’unione monetaria per far male a qualcuno, perché alla fine, facendo i kamikaze, a esplodere saremmo comunque noi“.
Un paese senza leader
Nel corso della serata anche diversi accenni al libro scritto dal giornalista (che ha iniziato all’Unità, prima con D’Alema e poi con Veltroni come direttori) e in particolare un lungo j’accuse a una Sinistra che in una manciata di anni ha demolito a raffica i propri leader per arrivare alla “massima interpretazione dell’autodistruzione”, ovvero Matteo Renzi.
“Il fatto è che dopo il Pci, non è mai andato a buon fine alcun tentativo di mettere insieme culture troppo diverse. Non c’è mai stata un’identità. Renzi è arrivato ad avere una fiducia mai prima raggiunta, poi è naufragato da solo: quando comincerà a ragionare di politica non sarà mai troppo tardi... S’è perso ancor prima del referendum costituzionale e nel suo caso penso che il carattere conti moltissimo: non ha avuto una percezione reale della società, perché diceva che andava tutto bene, ma non era vero che il Paese stava vivendo chissà quale ripresa. Poi ha voluto cavalcare l’onda anti-casta facendolo al Governo, una cosa che non riesce mai: c’è sempre qualcuno che riesce a farlo meglio di te, dall’altra parte della barricata…”