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DICHIARAZIONE SPONTANEA
Omicidio Ravasio, Massimo Ferretti fa mea culpa: "Conoscevo il piano e non ho fatto nulla per impedirlo"
Dichiarazione spontanea questa mattina in Tribunale a Busto Arsizio da parte di uno degli imputati nell'ambito del processo per l'omicidio del parabiaghese Fabio Ravasio, morto travolto da un'auto mentre rincasava in bicicletta al confine tra Parabiago e Casorezzo e che vede alla sbarra otto persone. Affidato l'incarico per la perizia psichiatrica nei confronti di Marcello Trifone

"Sapevo del piano e non ho fatto nulla per impedirne la realizzazione". Così Massimo Ferretti (uno degli imputati nell'ambito del processo per l'omicidio del parabiaghese Fabio Ravasio, morto travolto da un'auto mentre rincasava in bicicletta al confine tra Parabiago e Casorezzo lo scorso 9 agosto e ritenuto dall'accusa vittima di un omicidio orchestrato dalla compagna Adilma Pereira Carneiro per il quale sono finite alla sbarra otto persone) durante la dichiarazione spontanea resa nella mattinata di oggi, lunedì 3 marzo, davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Busto Arsizio dove è in corso di svolgimento il processo. Parole che hanno aperto la strada a ulteriori dichiarazioni, che verranno rese nel corso della prossima udienza in calendario lunedì 7 aprile sempre nell'aula Falcone e Borsellino. L'udienza è stata caratterizzata anche dall'assegnazione dell'incarico di perizia psichiatrica su Marcello Trifone. Ad assumerlo è stata la dottoressa Laura Ghiringhelli, psichiatra dell'ospedale di Legnano.
La dichiarazione spontanea di Massimo Ferretti durante l'udienza dedicata alla assegnazione della perizia psichiatrica
Doveva essere un'udienza dedicata all'assegnazione di un incarico, un passaggio tecnico utile alla prosecuzione del processo e invece, nella parte finale, si è rivelata un'occasione per sparigliare le carte aprendo la via per una serie di dichiarazioni spontanee che potrebbero fornire elementi significativi per l'istruttoria che si aprirà il prossimo mese. A far sì che la fase preliminare si trasformasse in un'anticipazione di quello che sarà il dibattimento ci ha pensato Massimo Ferretti, gestore del bar dove per mesi Adilma Pereira Carneiro e altri sette complici avrebbero architettato il piano omicida che ha avuto come vittima il parabiaghese Fabio Ravasio.
Il mea culpa (dettagliato) di Ferretti
Ferretti, amante della brasiliana, durante le prime battute del processo aveva subito chiesto di poter accedere alla giustizia riparativa leggendo una lettera di scuse destinata ai famigliari di Ravasio. Stamattina, quando davanti alla Corte d'Assise nel Tribunale di Busto Arsizio il giudice Giuseppe Fazio ha affidato l'incarico di perizia psichiatrica nei confronti di un altro imputato, Marcello Trifone, per verificare sia la sua capacità di intendere e volere al momento del fatto che quella di stare in giudizio (incarico che è stato affidato alla dottoressa Laura Ghiringelli e che sarà espletato a partire dal prossimo 17 marzo direttamente in carcere), l'uomo ha colto l'occasione per rendere una dichiarazione spontanea che ha avuto come fulcro la propria ammissione di responsabilità affermando che "sapeva del piano" ma che non ha fatto "nulla per impedirlo", aggiungendo che aveva partecipato agli incontri svoltisi nel suo locale, con tanto di definizione di ruoli per la realizzazione dell'omicidio; la sera in cui è avvenuto quest'ultimo aveva indicato il colore della bici usata da Ravasio per compiere il tragitto dal proprio negozio di pacchi a Magenta fino alla propria abitazione a Parabiago, circa una settimana prima si era recato nel punto dove lo stesso Ravasio doveva essere investito e aveva infine parlato con il santone Antonio De Simone, detto Tony, che diverse volte si era recato nel suo bar in compagnia di Adilma, della volontà di uccidere il 52enne.
Presto le dichiarazioni spontanee di Piazza e Oliva; le conferme dell'avvocato Piazza
Parole che hanno suscitato la reazione dei legali degli altri imputati. Quelli che assistono Mirko Piazza, ritenuto uno dei pali dell'omicidio, e il meccanico Fabio Oliva, che avrebbe sistemato l’autovettura, vetusta e danneggiata, utilizzata per commettere il delitto, hanno infatti annunciato che sfrutteranno la prossima udienza per imitare Ferretti. Stando alla lettura resa dallo stesso Ferretti, "Adilma, che lui aveva conosciuto due anni prima e di cui si era innamorato ('un vero e proprio attaccamento a cui non riuscivo a rinunciare'), era solita fare riti purificatori a cui teneva moltissimo e per cui utilizzava anche animali morti". Proprio l'avvocato Debora Piazza ha confermato la linea del suo assistito:
"Il mio assistito ha preso le distanze da Adilma. Già nel corso della prima udienza, quando ha chiesto di essere ammesso alla giustizia riparativa, aveva un peso dal quale doveva liberarsi. Tutte le volte, dal carcere, mi ripete di voler essere interrogato per spiegare che cosa effettivamente sia successo. Era un'altra persona che non sapeva che cosa gli fosse capitato. Ha spiegato bene: erano tutti uomini pressoché incensurati, con gravi problemi personali. E Adilma, definita 'mantide' dal mio assistito, si è approfittata di queste fragilità. Il mio assistito è stato oggetto dei suoi riti, crudeli ed efferati".
Rigettata la richiesta di sequestro conservativo e chiesto un ridimensionamento
Nel corso dell'udienza odierna le difese degli imputati hanno rigettato la richiesta di sequestro conservativo che era stata presentata nei loro confronti. Sul fronte del risarcimento chiesto dai genitori della vittima Annamaria Trentarossi e Mario Ravasio e dal cugino Giuseppe Ravasio le difese degli imputati hanno invece chiesto un ridimensionamento. L'avvocato che difende la compagna di Ravasio, Edoardo Maria Rossi, ha parlato di "voci di danno abnormi".
I prossimi appuntamenti
I tempi della perizia su Trifone, intanto, hanno fatto slittare l'avvio del dibattimento al 14 aprile. Sette giorni prima, il 7 aprile, invece, sarà l'ora delle dichiarazioni spontanee che renderanno Piazza e Oliva.