Borse dell'alta moda realizzate da lavoratori sfruttati: scatta l'amministrazione giudiziaria
L’azienda fornitrice dispone solo nominalmente di adeguata capacità produttiva e può competere sul mercato solo esternalizzando a sua volta le commesse ad opifici cinesi
Realizzavano borse che in negozio venivano vendute a migliaia di euro ma venivano sfruttati e lavoravano in condizioni non dignitose: scattata l'amministrazione giudiziaria per una società legata all'alta moda.
Borse dell'alta moda realizzate da lavoratori sfruttati: scatta l'amministrazione giudiziaria
I Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano hanno dato esecuzione ad un decreto di “amministrazione giudiziaria” emesso dal Tribunale di Milano – Sez. Misure di Prevenzione su richiesta della Procura della Repubblica di Milano a carico di una azienda operante nel settore dell’alta moda in quanto sarebbe ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo non avendo messo in atto misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato.
In tale contesto, si è potuto accertare che la casa di moda affidi, attraverso una società in house creata ad hoc per la creazione, produzione e vendita delle collezioni di moda e accessori, mediante un contratto di fornitura, l’intera produzione di parte della collezione di borse e accessori 2024 a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi.
Prodotti realizzati da opifici cinesi a bassissimo costo
L’azienda fornitrice dispone solo nominalmente di adeguata capacità produttiva e può competere sul mercato solo esternalizzando a sua volta le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere i costi ricorrendo all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento. Tale sistema consente di realizzare una massimizzazione dei profitti inducendo l’opificio cinese che produce effettivamente i manufatti ad abbattere i costi da lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) facendo ricorso a manovalanza “in nero” e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonché non rispettando i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore riguardo retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie.
Nel caso di specie che si pone in continuità rispetto ad analoghi provvedimenti notificati ad altre aziende di alta moda nei mesi precedenti, i Carabinieri del NIL di Milano a partire da marzo 2024, hanno effettuato accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di alta moda procedendo al controllo dei soggetti affidatari delle forniture nonché dei sub affidatari non autorizzati costituiti esclusivamente da opifici gestiti da cittadini cinesi nelle province di Milano e Monza e Brianza. Nella circostanza, è stata individuata anche una società “cartiera” regolarmente autorizzata dal brand alla sub-fornitura che non provvedeva in concreto alla realizzazione dei manufatti ma rappresentava un mero serbatoio di lavoratori, i quali una volta assunti venivano impiegati mediante distacco direttamente presso la società appaltatrice lasciando di fatto gli oneri fiscali, contributivi e retributivi a carico della distaccante, così abbattendo i costi da lavoro. Pertanto è stata individuata anche una fatturazione per operazioni inesistenti a carico della ditta sub-appaltatrice.
Lavori eseguiti in spazi angusti e da manodopera sottopagata
In particolare, sono stati controllati 4 opifici tutti risultati irregolari nei quali sono stati identificati 32 lavoratori di cui 7 tra occupati in nero di cui 2 clandestini sul territorio nazionale. Negli stabilimenti di produzione effettiva e non autorizzata è stato riscontrato che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri ecc.), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione ecc.) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico.
Sono stati deferiti in stato di libertà a vario titolo per caporalato e altro 5 titolari di aziende di diritto o di fatto di origine cinese nonché 2 persone non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale.
Infine sono state comminate ammende pari a 138.000 euro e sanzioni amministrative pari a 68.500 euro e per 4 aziende è stata disposta la sospensione dell’attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero.
Si evidenzia che il procedimento penale per caporalato e per emissione di fatture false per operazioni inesistenti si trova nella fase delle indagini preliminari e che le responsabilità in merito saranno definitivamente accertate solo ove intervenga una sentenza irrevocabile di condanna.