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Elezioni regionali: l'intervista a Letizia Moratti

Solo il tempo potrà dire se la scommessa della Moratti è stata azzardata o meno, ma di certo lei è carica, pronta a giocarsi fino in fondo le sue carte

Elezioni regionali: l'intervista a Letizia Moratti
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Dopo l'intervista a Mara Ghidorzi di Unione popolare, pubblichiamo per i nostri lettori l'intervista a Letizia Moratti leader del Terzo polo in vista delle prossime elezioni regionali in programma domenica 12 e lunedì 13 febbraio.

L'intervista a Letizia Moratti

«Siamo a un passo dal 30%, in poche settimane abbiamo raddoppiato i consensi: abbiamo ancora un mese di campagna elettorale, la partita è apertissima», aveva dichiarato Letizia Moratti poche settimane fa. Solo il tempo potrà dire se si è trattata di verità o di un modo per caricare i suoi sostenitori, ma di certo lei è carica, pronta a giocarsi fino in fondo le sue carte. E lo si capisce anche dal piglio con cui la 73enne ex vice presidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia affronta l’intervista.

Dottoressa, con lei non si può non partire dal discorso sanità e in particolare dalla questione medici di base, una emergenza per varie zone della Lombardia.

«I medici di medicina generale sono liberi professionisti con un contratto nazionale e dipendono dallo Stato e non dalla Regione. Io ho lavorato più di un anno con il Governo Draghi per arrivare a un accordo, anche con la principale sigla sindacale dei medici, che prevedeva, in aggiunta alle ore che i medici svolgono come attività di liberi professionisti, un ulteriore numero di ore da dare alle Regioni in modo che queste potessero indirizzare i medici dove necessario. Mi auguro che il Ministro tolga dal cassetto questo progetto che era già stato vistato dalla Ragioneria dello Stato e dal Ministero di Economia e Finanza per poterlo rendere effettivo».

Dietrologie a parte, l’impressione è che nella partita il ruolo delle Regioni non sia da protagonista. O sbaglio?

«Si, è così. Ma io credo che una Regione importante come la Lombardia debba avere la forza contrattuale di farsi sentire sui tavoli di governo, nazionali e internazionali».

Altro tema importante è il trasporto pubblico. A fronte di linee sicuramente efficienti, ce ne sono altre che denotano gravi carenze e una marcata arretratezza con quotidiane ripercussioni sui pendolari. Che ruolo può e deve svolgere la Regione? Lei è soddisfatta della gestione di Trenord?

«La governance del trasporto pubblico in Regione è sbagliata perché dà il 50% a Trenord e il 50% a Ferrovie Nord: quando si ha questa situazione si fa fatica a decidere. Ho sentito che il presidente uscente Fontana dà la responsabilità a Ferrovie, ma un presidente di Regione, soprattutto quando ha una società di cui è proprietario al 50%, non può addebitare tutte le responsabilità agli altri. Se responsabilità ci sono si deve far carico di cercare di risolverle. Trenord non è efficiente, ci sono cancellazioni di treni e ritardi quindi è un tema che riguarda anche la gestione. La mia proposta è di mettere a gara Trenord e il servizio ferroviario regionale. Prima di fare questa proposta ho verificato cosa hanno fatto altri Paesi, ho studiato i casi in Germania e Francia ed è emerso che laddove i trasporti pubblici regionali sono stati messi a gara è migliorata la qualità del servizio e mediamente si sono abbassati i prezzi del 30%. Facciamo una gara, che non è una privatizzazione, ma un bando internazionale che può avere partecipazioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, con l’obiettivo di rendere più efficiente ed efficace un trasporto che oggi non funziona. E questo incide sulla qualità della vita degli studenti e dei lavoratori e incide anche sulla competitività delle imprese: quando non ci si riesce a spostare facilmente per lavoro anche le imprese ne soffrono. E’ una questione di competitività del sistema».

A proposito di trasporti siamo reduci dall’approvazione del progetto da 131 milioni di euro della metrotranvia da Milano a Seregno. Cosa ne pensa? E’ uno strumento valido?

«C’è un problema di analisi dei flussi e capacità di leggere il futuro per dare le risposte che servono nel presente. E’ evidente che certi progetti se hanno dei tempi troppo lunghi di realizzazione poi perdono efficacia. Bisogna avere un metodo previsionale, analizzare i dati in chiave prospettica e vale per sanità, formazione, trasporto, infrastrutture. In questo momento questo metodo non c’è, salvo che sulla sanità dove l’ho portato io».

In Brianza, soprattutto nel Vimercatese, il tema Pedemontana è tornato di strettissima attualità. Che visione ha della famigerata tratta D?

«Pedemontana va sicuramente ultimata sia per gli investimenti che per lo stato dei lavori, ma è importante ragionare con gli Enti locali sulle opere compensative, coinvolgere davvero i Comuni. La Regione deve fare sintesi con i sindaci e non pensare solo alla lingua d’asfalto».

Parliamo di Pmi, che misure dovrebbe adottare una Regione per sostenere quello che è riconosciuta come la spina dorsale dell’economia lombarda e non solo?

«Innanzitutto una semplificazione burocratica che permetta alle Pmi di accedere, per esempio, facilmente ai bandi, ora quasi una impresa. Poi la piena digitalizzazione della Pubblica Amministrazione facilita anche la Pmi. Poi il tema della formazione e dell’incontro tra domanda e offerta: bisogna mettere in atto dei percorsi di orientamento in ingresso e in uscita che facilitino un maggiore collegamento tra imprese, mondo di formazione e università perchè lo scollamento è dovuto anche a un mancato raccordo. La Regione deve fare da regia».

Da anni si discute del futuro della Villa Reale di Monza e recentemente sono emersi i contenuti del Masterplan definito da Regione. Che ne pensa?

«Sicuramente ci sono investimenti previsti che vanno messi a terra e ora sono solo progetti. E’ ovvio che la Villa Reale di Monza deve diventare come Venaria, come Caserta e deve essere aperta tutta la settimana e non solo due giorni la settimana. Nel mio programma di governo della Regione c’è il raddoppio dei fondi per la cultura e in questo è chiaro che una perla come la Villa Reale di Monza dovrà entrare a pieno titolo. A differenza di Venaria, Villa Reale è al centro di un dedalo di Ville gentilizie: questo è un patrimonio che va messo in rete, come in Veneto le Ville palladiane. Dovrebbe diventare un percorso turistico. Noi dobbiamo lavorare molto sul turismo. Uno dei motivi di fondo che mi ha convinto a candidarmi è che la nostra Regione non cresce da dieci anni. Abbiamo un indice di competitività sotto la media europea, stessa cosa per l’indice Desi. Occorre far crescere questa Regione e per farlo bisogna essere capaci di attrarre anche investimenti internazionali. Io so di poterlo fare, ho già iniziato, sono stata a Londra e ho già avuto la disponibilità a investire un miliardo di euro in aree da rigenerare. In Alta Brianza ho visto aree che sarebbero già pronte a ospitare insediamenti produttivi innovativi. Monza è vicino a Milano e potrebbe essere sede di residenze universitarie e di giovani coppie che alleggerirebbe questione di costo della vita a Milano e intorno a questo si potrebbero creare servizi. Ci sono opportunità che vanno messe a terra».

Si aspettava la reazione dei suoi ex alleati di Centrodestra dopo la sua decisione di correre da sola, in un mix di attacchi e indifferenza?

«Direi anche un po’ di paura. Io guardo al futuro, ai miei concittadini e concittadine, sono portatrice di una proposta politica innovativa, molto civica. Tutta la Lombardia è nella mia civica: imprenditori, commercianti, manager, educatori, personale medico, sportivi, rappresentanti del Terzo settore e dell’Amministrazione. E’ una lista con forte professionalità e competenze. E mette insieme anche anime politiche diverse che si sono ritrovate intorno a un obiettivo comune: una proposta di governo molto concreta, che vuole dare risposte al di là degli schemi alle priorità dei lombardi. E risposte a chi non si ritrova nell’attuale offerta politica dal momento che c’è un 37% di elettori che non votato alle Politiche».

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