Liberi professionisti: il problema più grave è l’improvvisazione fiscale
Il trend è evidente: il numero di professionisti dotati di Partita IVA regolarmente iscritti alle Casse di Previdenza continua a crescere. La situazione degli anni più recenti dava i giusti presupposti per non giocare a favore delle libere professioni, ma la tendenza è invece andata in senso contrario.
Secondo il “VII Rapporto delle Libere Professioni in Italia” di Confprofessioni, sono 1.4 milioni i liberi professionisti in Italia, in costante aumento dal 2009 ad oggi nonostante una lieve flessione tra il 2019 e il 2021, generando un reddito di oltre 40 miliardi. Con i suoi 1.4 milioni, l’Italia si piazza al primo posto in Europa per il numero di lavoratori autonomi.
Resta tuttavia il problema dell’improvvisazione fiscale, come raccontatoci da uno studio commercialista di Milano, che impedisce di stimare con precisione qualsiasi tendenza, e che potrebbe danneggiare concretamente quei lavoratori non del tutto in regola sotto il profilo previdenziale. Sotto questa definizione si nasconde una situazione complessa, in cui confluiscono, tra i vari elementi, difficoltà di varia natura che girano intorno alla partita IVA e ai tributi relativi: vale dunque la pena soffermarsi sulla questione.
Partita IVA e liberi professionisti
In sé, l’apertura della partita IVA non sembra una procedura complessa, poiché può essere avviata anche per via telematica tramite invio del modulo AA9/12 all’agenzia delle entrate. Sarà poi l’agenzia stessa a elaborare la pratica stessa, assegnando al lavoratore autonomo o alla società in oggetto il codice univoco di 11 cifre che costituisce la partita IVA. Malgrado la semplicità apparente della procedura, la mediazione di uno studio commercialista può rivelarsi non da meno fondamentale per la corretta attivazione della pratica e per la delicata scelta del regime fiscale da seguire.
Proprio su questo punto si concentra l’attenzione dei contribuenti liberi professionisti, poiché l’improvvisazione fiscale è il vero nodo da sciogliere, secondo gli analisti: se da un lato l’apertura di una partita IVA con regime forfettario sembra la soluzione ideale per quei lavoratori autonomi con reddito inferiore ai 65.000 euro, per molti professionisti orientarsi tra i diversi regimi fiscali, specialmente i più articolati, può rivelarsi complesso senza un servizio di consulenza adeguato.
Ecco dunque che l’apertura della partita IVA si rivela una procedura più sofisticata del previsto: la definizione di costi fissi e variabili per il suo mantenimento, la designazione del proprio codice ATECO di riferimento e la determinazione delle spese cosiddette scaricabili in virtù del regime fiscale adottato diventano scelte cruciali, che non è possibile improvvisare. Le conseguenze vanno infatti molto oltre il torto eventualmente commesso nei confronti dello Stato e delle Casse di previdenza per liberi professionisti, poiché la situazione potrebbe ritorcersi anche contro il contribuente, sia esso in buona o cattiva fede.
Le tendenze delle casse di previdenza
Data la complessità della questione legata alla partita IVA, non da meno, non si registra alcuna flessione: al contrario, tra i liberi professionisti operanti a Milano sembra subentrare una consapevolezza nuova circa i problemi dell’improvvisazione fiscale e l’importanza di strumenti di controllo quali la corretta attivazione della partita IVA. Non a caso, tra le diverse casse di previdenza si registrano percentuali di iscritti positive un po’ ovunque, come è attestato dall’ENPAP, per gli psicologi, e dall’ENPAPI, per gli infermieri professionali, a solo titolo d’esempio.
Rialzo considerevole sembra interessare anche l’ENPAIA Agrotecnici, mentre altre casse di previdenza, al contrario, stanno vivendo trend opposti, di lieve flessione, che tuttavia è più che mai bilanciata dall’incremento di altri ambiti: questo è il caso del CIPAG e dell’ENASARCO, con contrazioni leggermente più accentuate, e dell’INPGI e dell’ENPACL, con flessioni apparentemente inferiori al punto percentuale.
Data la crescita della popolazione attiva e delle politiche economiche regionali, si può parlare di un miglioramento del rapporto tra iscritti e pensionati, tenendo sempre presente che alcuni soggetti in età pensionabile che continuano a lavorare: si tratta di una tendenza che evidentemente subirà delle modifiche nei prossimi anni, ma che sembra destinata a confermarsi grazie all’ampio margine di crescita attualmente dimostrato dalla popolazione attiva regolarmente iscritta alle casse di previdenza per liberi professionisti.
Il trend può essere incrociato anche con un altro rapporto, quello tra contributi e prestazioni: si tratta di un altro elemento da valutare positivamente, specialmente rispetto agli anni immediatamente passati. In breve, mentre il rapporto tra iscritti e pensionati va riducendosi, quello tra contributi e prestazioni cresce, segnando un concreto miglioramento del sistema delle libere professioni, purché correttamente regolamentate sotto il profilo fiscale.
La situazione patrimoniale
Tra le 19 casse privatizzate, si registra un miglioramento complessivo della situazione patrimoniale, con indici quasi tutti all’attivo. Si distinguono nuovamente ENPAPI ed ENPAM, con ENPAIA – Agrotecnici ed ENPAP, per le situazioni migliori. Alcune di queste casse si distinguono anche per il ruolo di azioniste della Banca d’Italia, pur se con diverso peso le une dalle altre. Sotto il profilo patrimoniale, si conferma purtroppo il neo costituito dall’INPGI, per cui la differenza tra contributi e prestazioni rivela ancora valori negativi, che solo pochi anni fa ammontavano fin quasi a 200 milioni di euro.
Non si può che confidare che anche la Cassa dei Giornalisti riesca a seguire il trend positivo segnato dal resto della galassia italiana dei liberi professionisti, apparentemente segnata da una maggiore consapevolezza sui rischi dell’improvvisazione fiscale e da un forte desiderio di riscattarsi dopo i difficili anni trascorsi.