"Setta delle bestie": i 28 adepti finiranno a processo?
La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. Tra loro anche un 50enne di Legnano, professore a Parabiago.
Chiesto il rinvio a giudizio per la cosiddetta "psicosetta delle bestie", con base nei boschi di Cerano, nel Novarese, nella quale figurava anche Davide Melzi, 50enne residente a Legnano e professore di Lettere del liceo Cavalleri di Parabiago.
"Setta delle bestie" con a capo "il dottore"
Cinque mesi dopo la chiusura delle indagini avvenuta nello scorso settembre, la Procura ha fissato la data dell’udienza preliminare: si andrà in aula, a Torino, il prossimo 26 aprile. Gli imputati sono in tutto 28 e tra questi spiccano Gianni Maria Guidi, milanese di 77 anni, soprannominato "il dottore" (ma anche "re bis" o "pontefice") e ritenuto il capo della sedicente organizzazione, e la sua collaboratrice Sonia Martinovic, 51enne residente a Gaggiano, la "mami" delle adepte della setta fino al 2013, anno in cui uscì dall’associazione.
Un mondo "magico" che celava schiavitù e violenze
Sette, secondo gli inquirenti, le vittime per i fatti che sarebbero avvenuti tra il 1989 e il 2014. Una di loro aveva avuto il coraggio di spezzare il muro di omertà denunciando Guidi alla Polizia di Novara e raccontando una serie di violenze e abusi che avrebbe subito sin da piccola. Erano partite le indagini. Gli investigatori si erano trovati davanti a una vicenda terribile: "Il dottore, col suo atteggiamento guardingo e sempre all’erta, era riuscito a costruire e difendere tra gli alberi e l’apparente quiete di quella casa nei confini del Parco del Ticino, a Cerano, un mondo che abbagliava giovanissime, tra cui anche bambine, con fate e orchi", ma che, come emerso dalle indagini, avrebbe invece celato torture, schiavitù e violenze di ogni genere. "Lui", Guidi, sarebbe stato venerato dai suoi adepti come una sorta di "dio" al quale tutti devono obbedire, pena l’isolamento dal gruppo. Due anni di indagini hanno permesso di accertare che il leader della setta delle «bestie» (questo il nomignolo con il quale si chiamavano tra di loro), al fine di raggiungere i propri scopi, veniva coadiuvato da alcune sue strette collaboratrici. Il gruppo, grazie a un centro psicologico e una fitta rete di attività commerciali, tutte riconducibili alla setta, riusciva a reclutare le ignare vittime da giovani donne da manipolare e isolare dal mondo esterno. Le "prescelte", generalmente giovani ragazze, anche adolescenti o addirittura bambine, come nel caso della denunciante, venivano introdotte alla filosofia della setta e iniziate a "pratiche magich"», tra le quali, soprattutto, si annoveravano pratiche sessuali, che servivano nella logica impartita dal leader secondo le indagini, ad annullare "l’io pensante", "accendere il fuoco interiore" ed entrare in un "mondo magico, fantastico e segretissimo". Le adepte sarebbero state avvicinate approfittando della loro situazione famigliare e psicologica, sfruttando disagi e fragilità, e sarebbero state costrette a concedersi a rapporti sessuali di gruppo e pratiche sadomaso. Una volta diventate parte integrante della setta, le ragazze sarebbero poi state messe a lavorare nei centri di adescamento: scuole di danza, negozi di erboristeria e altri. Un circolo vizioso e raccapricciante, di cui si legge nelle 10mila pagine di atti raccolti dagli inquirenti e in cui ognuno di quei 28 "fedelissimi" avrebbe svolto un ruolo preciso.
Riduzione in schiavitù e reati sessuali anche a danno di minori
Il caso era esploso, con vasto eco nazionale, durante l’estate di due anni fa, quando la psicosetta era stata scoperta al termine di una complessa indagine dalla Questura, che nella notte tra il 19 e il 20 luglio 2020 aveva eseguito, in collaborazione con il Servizio centrale operativo, 26 perquisizioni personali e 21 perquisizioni locali, oltre che nel Novarese anche nelle province di Milano, Pavia e Genova. Oltre alla "casa nel bosco" di Cerano, le basi dell’organizzazione infatti erano a Milano in via Imbonati, a Vigevano, a Montù Beccaria nell’Oltrepò Pavese e a Rapallo. Associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù e alla commissione di numerosi e gravi reati in ambito sessuale, anche in danno di minore, sono le ipotesi d'accusa a vario titolo. Alla chiusura delle indagini, l’avvocato di Guidi e Melzi, Silvia Alvares, del foro di Torino, aveva sottolineato che secondo i suoi assistiti non ci sarebbe stata alcuna coercizione. Il 26 aprile gli accusati potranno eventualmente chiedere riti alternativi; se mandati a processo gli atti arriveranno a Novara, competente per territorio.