"Non sono riuscito a proteggere mia figlia"
A un anno dal femminicidio della figlia Barbara, parla il padre Claudio Grandi: "Le Forze dell'Ordine potevano fare di più".
«Tra gli ultimi messaggi che ci siamo scambiati, Barbara mi ha ringraziato per essere l’unica persona su cui poter contare. Della morte di mia figlia sono venuto a conoscenza tramite il telegiornale, perché i Carabinieri, pur avendo il telefono di Barbara con scritto tra i contatti “Papà”, non mi hanno detto nulla». Inizia così il racconto di Claudio Grandi, il papà della 37enne Barbara Grandi vittima di femminicidio nel novembre 2019 a Trecate.
"Barbara era una persona di cuore"
Un rapporto speciale e indissolubile quello tra il padre e la sua unica figlia, caratterizzato da protezione e amore. Legame che, come racconta Claudio, nacque quando Barbara era ancora nella culla e veniva allattata, con latte artificiale, da lui, dal suo papà: «Era una bambina e una ragazza tranquilla – racconta Claudio – La conoscevano in tanti perché era una persona di cuore, se aveva qualcosa che poteva fare felice gli altri, lei gliela dava privandosene. Ha sempre voluto un gran bene ai nonni a cui era molto affezionata e quando purtroppo sono venuti a mancare, Barbara ha sofferto molto».
Le scuole a Bareggio, poi il trasferimento
Una sofferenza che Barbara, cresciuta a Bareggio dove ha frequentato le elementari e le medie, ha conosciuto più volte nel corso della sua vita e iniziata quando i suoi genitori divorziarono e lei si trasferì con il padre in Liguria, dove rimase fino al compimento dei 18 anni. «Quando ci trasferimmo in Liguria, dove io ancora vivo, Barbara si portò il suo fidanzato dell’epoca e quando raggiunse la maggiore età decise di tornare a vivere tra Trecate e Novara – prosegue Claudio – All’epoca era un’adolescente e il nostro rapporto era come tutti i rapporti tra un genitore e la figlia di quell’età, mi raccontava certe cose, ma non tutto. Poi se ne andò, cominciò a chiedermi soldi per la spesa perché non aveva un lavoro fisso e in più stava con un delinquente. Io allora partivo e la raggiungevo, facevamo la spesa insieme, la aiutavo perché in fondo è quello di cui ha sempre avuto bisogno. Poi rimase incinta ed ebbe tre bambini e le richieste economiche aumentarono, anche perché nel frattempo il compagno venne arrestato. Io ho sempre cercato di fare il possibile per aiutarla, nel limite delle mie facoltà certo».
L'amore per i suoi figli
Barbara però, oltre che essere una figlia, è stata anche una mamma per i suoi quattro bambini a cui voleva un bene dell’anima e che non ha potuto crescere a seguito dell’affido ai servizi sociali: «Purtroppo, per diverse situazioni in cui si è ritrovata, i primi tre figli sono stati affidati ai servizi sociali e poi dati in adozione – spiega Claudio – Ma il dolore più grande Barbara l’ha provato quando le hanno portato via anche il suo figlio più piccolo, nato dall’ultima relazione. Era un bambino tranquillo, a volte mi chiamava nonno quando ero a casa loro e tutti e tre insieme trascorrevamo serate serene mangiando pizza e parlando di Bibbia, visto che sono un testimone di Geova. Da quando è successo quello che è successo dei miei nipoti non so più nulla e il più piccolo in adozione non me lo darebbero mai, vista la mia età».
L'ultima relazione burrascosa
Ciò che però fa soffrire di più Claudio è che da quella sua ultima relazione lui non è riuscito a proteggerla come avrebbe voluto: «Sono stato operato ad un’anca, a cui è seguita un’infezione e per un lungo periodo non sono riuscito a muovermi, per questo Barbara la sentivo solo al telefono. In quelle occasioni mi chiedeva di portarla via da lì, ma io non sono riuscito. Una volta ascoltai una litigata tra lei e il suo compagno per telefono, poi ad un certo punto la linea si interruppe ed io non riuscii più a contattarla. Così avvisai i Carabinieri che avevo già allertato in un’altra occasione e che spesso ricevevano segnalazioni per liti».
"Le Forze dell'Ordine potevano fare di più"
E in conclusione Claudio chiede solo una cosa: «Le Forze dell’Ordine devono intervenire prima. Per Barbara, oltre a esserci due segnalazioni dai Carabinieri, c’era anche una denuncia partita dall’ospedale di Magenta che con il codice rosa l’aveva soccorsa quando, a seguito di botte, si era presentata con un dito rotto. Potevano fare di più per salvarla. Inoltre, vorrei lanciare un appello a tutti gli avvocati che hanno in mano questi casi: esseri così non hanno diritto alla difesa, così come non l’hanno avuta le loro vittime. Nessuno dovrebbe difenderli, perché non esiste modo».