primo grado

Comi condannata: corruzione, truffa e false fatture

In una nota, l'europarlamentare si dice "stupita della sentenza di condanna"

Comi condannata: corruzione, truffa e false fatture
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L'eurodeputata saronnese di Forza Italia Lara Comi è stata condannata ieri in primo grado nel processo "Mensa dei Poveri" a quattro anni e due mesi di reclusione.

Mensa dei Poveri, Lara Comi condannata

Quattro anni e due mesi di reclusione, interdizione dai pubblici uffici e incapacità di trattare con la pubblica amministrazione per 5 anni e confisca di 28.700 euro: questa la decisione dei giudici di Milano nella sentenza emessa ieri per l'europarlamentare Lara Comi nell'ambito del maxi processo Mensa dei Poveri.

La saronnese è stata condannata per corruzione di incaricato di pubblico servizio, truffa ai danni dell'Europarlamento per un contratto a un suo collaboratore negli anni 2016 e 2017 e per false fatture, mentre è stata assolta perchè il fatto non costituisce reato relativamente a un'altra imputazione di truffa.

A processo con lei un'altra sessantina di persone finite nelle maglie dell'indagine. Assolti invece l'ex vicecoordinatore lombardo di Forza Italia Pietro Tatarella, l'ex consigliere regionale Fabio Altitonante, l'ex patron di Tigros Paolo Orrigoni e il sindaco di Gallarate Andrea Cassani.

Condannati invece, tra gli altri, anche Giuseppe Zingale (2 anni), Maria Teresa Bergamaschi (6 mesi) e il presidente della Solbiatese Carmine Gorrasi (2 anni), che è stato assolto però dall’accusa di aver illecitamente fatto avere contributi in denaro all’ex consigliere.

"Sono stupita, sentenza ingiusta"

In una nota, come riporta anche l'agenzia Adnkronos,  l'ex europarlamentare di dice "stupita della sentenza di condanna".

"Tutti gli elementi emersi nel corso del dibattimento - aggiunge - militavano per una pronuncia assolutoria".

"L’accusa di corruzione del direttore generale di Afol si fonda su dichiarazioni rese dall’avvocato Bergamaschi in corso di istruttoria - aggiunge - confutate da riscontri oggettivi", tra le quali proprio le dichiarazioni dell'avvocato di non aver mai ricevuto richieste da Comi.

"Per la truffa che sarebbe stata perpetrata con l’aumento di stipendio riconosciuto ad Andrea Aliverti, addetto stampa, - prosegue la nota - sono stati prodotti tutti i documenti attestanti le maggiori attività da lui svolte", che avrebbero giustificato l'aumento che una consulenza aveva ritenuto congruo. Secondo l'accusa, poi, le somme ricevute da un altro collaboratore, Saia, sarebbero state rigirate a Comi: "Sia la Gdf che Banca d’Italia hanno accertato che le somme percepite da detto collaboratore non sono mai state riversate in alcun modo all’onorevole Comi, come peraltro lo stesso Saia ha dichiarato al dibattimento. È quindi evidente che impugneremo una sentenza che ribadisco ritengo ingiusta e lotterò in ogni sede per dimostrare la mia innocenza".

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