Confcommercio

Dal 38 al 42% delle attività del settore del ristoro rischia la chiusura

Un quadro preoccupante alla luce del nuovo Dpcm.

Dal 38 al 42% delle attività del settore del ristoro rischia la chiusura
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«Dal 38 al 42% del settore del ristoro rischia la chiusura». E' la percentuale allarmante che raccoglie in un'istantanea le preoccupazioni di bar, ristoranti ed esercizi pubblici e a diffonderla, in un grido d'allarme, è il segretario di Confcommercio Magenta-Castano Primo Simone Ganzebi.

Dal 38 al 42% del settore del ristoro rischia la chiusura

«Sì è dato un giro di vite indiscriminatamente, senza tenere conto di chi ha fatto il grande sforzo di adeguarsi alla regole, investendo anche molti soldi per interventi strutturali, come plexiglas, impianti si sanificazione e dehors. Spese, spesso sopra i 2000 euro, con la convinzione di poter lavorare in sicurezza – fa notare Ganzebi – Se non si torna indietro in tempi rapidi lo scenario che ci attende è devastante: si avvicina la fine dell'anno, molti danno le disdette degli affitti e chiudono, prendendo anche decisioni pericolose e affrettate in vista della chiusura dell'anno e senza al prospettiva di un Natale che porti guadagni».
Da anni le feste natalizie sono per molti il periodo che salva l'intera annata, ma quest'anno si rischia di non vedere mai accendere le luci della festa: «Il rischio di chiusura, dopo questo Dpcm, è cresciuto dell'8-9% - incalza il segretario di Confcommercio – certo c'è chi tampona con asporto e delivery, ma non basta a compensare perdite e costi degli stop anticipati. Senza contare che l'asporto è consentito fino alle 24, il coprifuoco parte alle 23... che contraddizione».

Le preoccupazioni

Inoltre la consegna a domicilio non è per tutti: molti non sono attrezzati o hanno un prodotto poco compatibile. Stesso discorso per l'e-commerce: «C'è chi si è attrezzato, ma abbiamo molte realtà ancora ancorate alla tradizionale idea di bottega, concetto tra l'altro che fino a ieri si è salvaguardato. Questo vale anche per gli ambulanti fieristici, fermi di fatto da marzo, spesso lavori che si tramandano di generazione in generazione e che, ora, rischiano di sparire». Serve una svolta e in fretta, quindi, per scongiurare il collasso economico, ma sono necessarie anche regole chiare e durature, oltre alla sburocratizzazione perché le scartoffie, oggi, restano l'ostacolo principale di chi fa impresa. «Basta anche infondere terrore nella gente, con una campagna da caccia alle streghe che disincentiva i clienti a recarsi nei locali. Per questo mercoledì abbiamo protestato a Milano, questo Dpcm rischia di essere la mazzata finale».
Preoccupazione condivisa dal presidente Luigi Alemani: «Sembra di essere tornati al lockdown con effetti quasi peggiori. Ora la paura rischia di essere il primo nemico delle attività. I nostri soci gridano alla vergogna, molti sono alla canna del gas, temono di dover licenziare e ridurre il personale, con grandi contraccolpi sulla tenuta sociale. Qualcuno si ingegna con l'asporto e le consegne, ma non basta, Si prospetta un Natale difficile, senza luci e senza introiti che possano salvare tante attività».

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