LO SPETTACOLO

Martha Rossi di nuovo regina nel musical dei Queen

La famosa attrice e influencer ancora nei panni di "Scaramouche" nel musical sulla leggendaria band inglese. L'intervista: "Il rock salverà il mondo, da bambina ho vinto la paura di esibirmi grazie a Freddie Mercury"

Martha Rossi di nuovo regina nel musical dei Queen
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Martha Rossi, la nota cantante e influencer di Arese, tra i protagonisti del musical "We Will Rock You" dei Queen.

Martha Rossi sul palco di "We will rock you"

La prima dell'edizione 2023 di "We will rock you", famoso musical dei Queen, la celebre band di Freddie Mercury, è stata un successo. La sera di ieri, giovedì 2 febbraio 2023, al Teatro Nazionale di Milano (dove lo spettacolo sarà in scena fino al 12 febbraio) è stata all'insegna degli applausi e della standing ovation finale del pubblico. Sul palco c'è anche Martha Rossi, nota cantante e influencer, residente ad Arese e famosa in tutta Italia e non solo (già volto di "Amici" e applauditissima per il ruolo di Wendy in Peter Pan e di Biancaneve nell'omonimo musical): lei, già dal 2009, scelta direttamente da Brian May, il chitarrista dei Queen, a sceglierla già nella prima edizione del musical, nel 2009. E ora per Martha un'altra bellissima esperienza, sempre nei panni di "Scaramouche". Uno spettacolo che parla di musica, quella vera e suonata, all'insegna del motto "Il futuro non è scritto, il futuro dipende da tutti noi".

La nostra intervista

Abbiamo intervistato Martha Rossi, con la quale abbiamo scambiato quattro chiacchiere sullo spettacolo, sul suo personaggio e sul suo amore per band inglese.

- La tua esperienza con "We will rock you" è iniziata nel 2009. Poi altre tre stagioni. Cosa ricordi di quel periodo e come ti trovi oggi nel musical?

"Ricordo il 2009 e gli anni seguenti con grande amore; quel primo anno quando sono stata scelta da Brian May, chitarrista dei Queen, che ho conosciuto. E' stata un'esperienza unica. Ricordo quelle prime audizioni, che fece Brian insieme al nostro produttore Claudio Trotta: c'era una commissione di 15-20 persone arrivate dall'Inghilterra più Brian May e Roger Taylor, il batterista dei Queen. E' stata una bellissima conferma dal punto di vista artistico e lo è tuttora. Trotta ha riconfermato la scelta del musical con grande amore e ne sono molto contenta. Come sono andate queste edizioni? Tante emozioni diverse. Sono anche cresciuta. C'è un amico attore del musical, Salvo Bruno, che era con me dal 2009, che mi ha detto una cosa bellissima: 'Martha, mi fa strano vederti dopo 14 anni perchè esteticamente sei la stessa ma hai gli occhi, lo sguardo di una 30enne'. Queste parole mi piacciono, sono la prova che porto con me un vissuto importante maturato in questi anni, un vissuto importante anche per il mio personaggio".

- A proposito del tuo personaggio, "Scaramouche". E' cresciuto anch'esso?

"In età sì, ora ha 22 anni anzichè 20 come nelle precedenti edizioni. E questa crescita ha un senso: lei e Galileo, l'altro protagonista, sono ragazzi che vanno al liceo e si stanno preparando per l'università. Lei ora è un personaggio un po' più maturo ma sempre molto comico, divertente, con quell'ironia che po' spiazza, che fa un po' parte della mia persona. E confido che mi rivedo molto in questo personaggio. Il primo anno lo studiai concentrandomi sullo 'Sbirulino' di Sandra Mondaini, una delle mie attrici preferite; la cosa mi piaceva molto perchè la gente fuori dal teatro, soprattutto le signore più grandi e fan della Mondaini, mi dicevano: 'Ma sai che mi hai ricordato Sbirulino'? Adesso è un po' differente: 'Scaramouche' è molto più sicura di sè, è meno macchietta, però molto comica. Ma un po' più adulta".

- Veniamo alla trama dello spettacolo. Nel mondo la musica non si suona più, è tutto virtuale, gli strumenti sono messi al bando. Una trama quasi profetica...

"E' più attuale oggi che 15 anni fa. Parla di una musica che è solo digitale nel mondo. Chi ha scritto quella sceneggiatura è stato davvero visionario, profetico se pensiamo che è stata messa nero su bianco quasi 30 anni fa. Il testo è stato modificato in alcune sue parti dalla regista Michaela Berlini che le ha attualizzate ai giorni nostri: lo spettacolo parla dei giorni nostri, delle nostre problematiche, non potevamo ovviamente essere indifferenti al Covid, parla della nostra vita, di quello che ci circonda. E ci sarà il lieto fine perchè la musica rock farà sollevare tutti e salverà il mondo. E si spera che questo possa avvenire anche nella musica italiana".

- A proposito di Covid. Come è stato vivere senza spettacoli nei momento delle restrizioni e cosa vi aspettate ora dal ritorno con questo spettacolo?

"Non vediamo l'ora di salire sul palco. Pare banale dire sempre la stessa cosa, ma è la verità: durante le chiusure il teatro ne ha risentito tantissimo, già in Italia non è frequentato e amato come all'estero dove è sempre soldout. Sono stati anni in cui ci sono state troncate le gambe e ammiro molto Trotta che è stato molto coraggioso nel credere e investire sul teatro, non è da tutti farlo, soprattutto con un teatro da tournee come il nostro. Cosa ci aspettiamo? Ovviamente un pubblico carico, che si è trattenuto in questi due anni e ora può esplodere con le canzoni dei Queen".

- Anche grazie al film "Bohemian Rhapsody", sui Queen, in tanti si sono avvicinati e appassionati alla band guidata da Freddie Mercury. Anche il vostro spettacolo può essere un modo quindi per far conoscere la splendida musica di questa leggendaria band?

"Qualche giorno fa abbiamo fatto un workshop nel teatro di Peschiera Borromeo invitando i ragazzi delle scuole medie: quando è partita la canzone 'We will rock you' è come se fosse partita la hit di Fedez. E' una canzone che non ha età, non ha tempo così come altre canzoni dei Queen quali 'We are the champions'e 'Bohemian rhapsody', brani che non finiranno mai di essere alla moda, rimarranno per sempre. Coi ragazzi è stato molto bello: sono molto seguita su Youtube, per loro è stato un doppio incontro perchè sul web conoscono la mia vita, cosa faccio durante il giorno mentre qui, per la prima volta, mi hanno scoperto e visto in scena. E anche per loro il musical sarà l'occasione per vedermi a teatro. Per me e questi ragazzi sarà quindi come una sorta di raduno. E sarà bellissimo".

- Brian May ti ha scelto e so che vi conoscete bene. Come prosegue la vostra amicizia?

"Io e Brian siamo sempre in ottimi rapporti, lo sento spesso, ci scriviamo via mail e quando viene in Italia lo incontro ed è sempre in piacere. E' un po' come se fosse mio padre, ho l'età di sua figlia. Mi ha visto crescere. Questo amore artistico che nutro verso di lui, lui ce l'ha nei miei confronti fin da quando ero giovanissima. Mi piacerebbe vedere questo atteggiamento anche in artisti italiani così che possano portare avanti e 'accompagnare' tantissimi giovani italiani, cosa che purtroppo non sta accadendo. Non ci deve essere invidia artistica, nessuno ruba niente all'altro. Ed è quello che Brian mi ha insegnato. Quando ascolta la mia voce e la mia arte lui è felice e io lo sono quando ascolto la sua. L'arte, così come spiega bene questo spettacolo, è condivisione: da soli non si fa tanto, insieme si fa molto di più".

- Come hai scoperto la band dei Queen?

Li ho scoperti all'età di 7 anni perchè nelle mie audiocassette di fiabe sonore era finita una cassetta dei Queen. E così ho iniziato a cantare le loro canzoni. Da lì mio padre mi ha detto: 'Ok Martha, ti faccio ascoltare i Queen', instradandomi sulle loro canzoni. Da qui ho iniziato a fare i primi concorsi di canto ma non riuscivo a muovermi sul palco: tremavo tutta. Papà mi ha quindi fatto vedere il concerto dei Queen a Wembley e mi disse: 'Guarda come si muove Freddie Mercury, fai come lui'. Io mi misi a studiare guardando proprio quel concerto e da lì in poi non avevo più paura di esibirmi, ero una bambina e mi dicevo: 'Devo fare come fa Freddie, guarda come è sicuro sul palco'. Se all'inizio salire sul palco era stato un po' traumatico, sono riuscita a uscire da quella paura grazie a mio padre e a quelle immagini di Freddie, un personaggio che è stato davvero terapeutico. Osservavo Freddie sul palco, mi muovevo, ballavo e dicevo: 'Lo fa lui, lo faccio anch'io'. E oggi è davvero un sogno che si realizza quello di portare su un palco quelle canzoni che ascoltavo da piccola. Dal 2009 porto sempre con me una frase che Brian mi ha scritto quando gli confidavo i miei dubbi personali e artistici, una frase che ho stampato e incorniciato, frase che diceva sempre Freddie, artista che è diventato famoso quando non era più giovanissimo: 'Il talento prima o poi uscirà'. Non preoccupatevi, diceva sempre Freddie: il talento prima o poi uscirà. Ed è la cosa che mi continuo a ripetere sempre".

La prima di giovedì 2 febbraio è andata alla grande. Che emozioni hai provato?

"Dire che l'emozione è unica sembra banale ma è realmente così perchè ogni serata è diversa e importante. L'emozione di una prima ha in più non solo la voglia di esibirsi ma anche quel brio della prima replica in quella particolare sede. Il momento più bello? Sicuramente quello in cui finisco di cantare 'Somebody to love' perchè per me è uno sfogo artistico, in cui libero i miei pensieri e la mia voce: questa canzone parla molto di me, parla di Martha al di là di 'Scaramouche'. Mi piacerebbe che ogni spettatore, terminato lo spettacolo, si portasse a casa, nel cuore e nella mente, quello che è stato detto a fine spettacolo dal nostro produttore Trotta: ossia che abbiamo cantato e suonato dal vivo, una cosa che ormai sta diventando una rarità nella musica italiana e non solo. Mi piacerebbe che la figlia, la mamma, la nonna, la zia, l'amica, una volta tornate a casa, pensassero a me, al gruppo e allo spettacolo con un pensiero positivo rispetto ai nostri talenti visti per 3 ore sul palco".

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