"Dannati e condannati": la guerra nei Balcani raccontata nell’ultimo libro di Giovanni Navicello
"Doveva essere una missione di pace ma invece si è trasformata in una vera e propria carneficina"
Quando la formula «missione di pace» diventa ossimoro, il trauma di soldati e civili è cosa più viva che mai. Una tesi questa che lo scrittore milanese Giovanni Luigi Navicello, nel suo «Dannati e condannati - Welcome to Sarajevo» pubblicato per i tipi di Cairo editore, riesce bene ad argomentare attraverso la storia realmente vissuta dal tenente Matteo Lovoci, che dalla Basilicata lascia il Sud per andare a combattere su un fronte che non pensava potesse trasformarsi in una carneficina.
Dalla chiamata per la leva obbligatoria all'orrore della guerra, la storia del tenente Lovoci
È il ’94 quando Lovoci riceve la chiamata per la leva obbligatoria. Lui è un pacifista, non vorrebbe andare e non vorrebbe sparare, ma sa che se non lo facesse perderebbe il posto in polizia «ereditato» da suo padre. Così parte e, dopo un mese al centro di addestramento reclute di Orvieto, passa ai lancieri di Montebello dove viene promosso caporale. In poco tempo Matteo si accorge che impartire ordini gli piace e che qualcosa dentro di lui sta cambiando. Perciò decide di tentare il concorso per ufficiale che supera brillantemente. Nel ’96 salpa da Brindisi a bordo della San Giorgio, destinazione Bosnia, in «missione di pace», convinto di tornare in Italia col suo plotone al completo: Antonio Riccio, arruolato per fuggire alla miseria del rione Sanità; Angelo Parisi, pescatore di Mazara del Vallo; Gregorio Liviero, partito senza speranze dalla provincia di Caserta. Ma non sarà così. L’orrore della guerra, la paura delle bombe, la fame e la morte lo cambieranno per sempre.
"La certezza maturata dal protagonista? La pace è utopia"
Terminata la missione i soldati tornano a casa, qualcuno sceglie di ripartire, altri di riprendere le abitudini di un tempo. E Matteo, che da Villari era partito con grandi ideali, lascia Sarajevo con nessuna certezza, tranne una: la pace è un’utopia. E la guerra purtroppo sempre attuale, come racconta l'autore del libro che ha scelto un focus ben preciso: «Raccontare la guerra nei Balcani, anche se sembra un'operazione così lontana, significa mettere la lente d'ingrandimento su quello che può essere considerato come il ventre molle dell'Europa per svariati fattori storici e politici».
"Racconto una delle pagine più cruenti della storia internazionale"
Quella rievocata da Navicello rimane «una delle guerre più cruente che ci siano mai state a livello internazionale. Non è stata guerra tra due eserciti ma è stata una guerra interna, civile, dove le persone si sparavano da un pianerottolo all'altro». Uno scenario tragico nel quale l'esercito italiano, «era tanto preparato sul piano militare quanto impreparato su quello psicologico». «Giunti alla fine del '95, durante la guerra in Bosnia-Erzegovina appunto, i nostri militari erano convinti di svolgere una missione di pace ma si sono trovati in un Paese dove i cecchini aprivano continuamente il fuoco e dove erano disseminate sei milioni di mine. Il nostro arrivo ha fatto seguito a quello delle forze Onu. Da lì il disastro, con il genocidio di Srebrenica, oltre 8mila persone uccise nel luglio 1995». Oggi, ha continuato lo scrittore, «nei Balcani vediamo il nostro contingente più numeroso. Undici ragazzi sono rimasti feriti e la tensione resta a dir poco altissima».
Il tema della Sindrome da stress post traumatico
A preoccupare Navicello - la molla di questo libro è scattata proprio per accendere i riflettori sulla questione - sono le conseguenze subite dai militari che si trovino a prendere parte alle missioni di pace. «Il mio racconto è la progressione di quello che vedono e sentono e cosa rimane ai soldati al termine degli scontri sul campo. È la sindrome da stress post traumatico ed è il risultato anche delle guerre che stiamo vivendo ora. Si va in "missione di pace" e si torna senza avere più un nome, nemmeno il tempo di riprendere fiato. Ad attendere i soldati c'è sempre un'altra missione di pace».