Tentato omicidio, rapine in banca e droga condannata la "Banda delle maschere"
Arrivate ieri dal Tribunale di Milano le condanne per i membri della "Banda delle maschere", autori di diverse rapine il cui capo, nel 2015, aveva sparato sei colpi ai carabinieri ferendone uno.

Sono stati condannati ieri dal Tribunale di Milano i membri della "banda delle maschere" che avevano compiuto diverse rapine agli istituti di credito nel 2015. Con l'accusa per uno di loro di tentato omicidio, dopo che a Cornaredo aveva sparato ai carabinieri.
Tentato omicidio e rapine, arriva il carcere
Trentatré anni di carcere in totale per i tre membri della "Banda delle maschere", autori negli anni scorsi di una serie di rapine agli istituti di credito. Precisamente, vent'anni per il presunto capo della banda, Jari Viotti (scontati di un terzo per il rito abbreviato), 3 anni e due mesi per il fratello Claudio e 10 anni e 8 mesi per il terzo complice, Davide Graziano. Sentenze che, per Jario Viotti e Graziano, si sommano ai sette anni di carcere già sentenziati nel 2015, dopo l'arresto. In quell'occasione, al termine delle indagini coordinate dai pm Luzi e Fraioli, erano stati trovati in possesso di 900 grammi di cocaina, 800 di marijuana, di due pistole e un fucile calibro 12 a canne mozze. E un'altra ordinanza di custodia cautelare era già stata diretta un anno fa a loro due dopo che nuove indagini li avevano collegati ad altre rapine.
Gli assalti e gli spari
Volto coperto da maschere, come nei film, armi in pugno e nessuna paura di usarle. Così agivan la "Banda delle maschere" condannata ieri a Milano. Nel 2015 i tre avevano colpito anche a Cornaredo, alla Banca Popolare di Milano in via Novara. Qui la prova della loro spregiudicatezza, in particolare del presunto capo. Durante la fuga Jari Viotti non si era fatto problemi a sparare sei colpi di pistola ai militari che gli avevano intimato l'alt, ferendone anche uno al fianco. Sangue freddo, tanto che come emerso dalle intercettazioni quei colpi, che gli sono valse l'accusa di tentato omicidio e l'obbligo di risarcimento danni (oltre a una pena maggiore), erano un vanto per Jari Viotti. "Si botti gli ho tirato, eh!", diceva al telefono a un complice. I legali difensori dei tre hanno già dichiarato il ricorso in appello.