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Pizzo, paura e intimidazioni, così si comportavano gli uomini della 'ndrangheta

Condanne per il clan Bandiera: le motivazioni della sentenza

Pizzo, paura e intimidazioni, così si comportavano gli uomini della 'ndrangheta
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Lo «sfruttamento della forza di intimidazione, ben conosciuta e temuta dalle vittime, ha avuto il suo tipico riflesso esterno in termini di assoggettamento ed omertà», dato che «tutte le persone offese» si sono «ben guardate dallo sporgere denuncia per le violenze» e «minacce subite», anche perché «terrorizzate» Sono queste le parole scritte dal gup di Milano Anna Magelli nelle motivazioni della sentenza con cui, il 14 novembre, nel processo abbreviato a carico di una quarantina di imputati ha condannato i presunti boss della 'ndrangheta della «locale» di Rho.

Dieci anni e 10 mesi allo storico boss Gaetano Bandiera

Dieci anni e 10 mesi a Gaetano Bandiera, 75 anni, uno degli storici boss della mafia calabrese in Lombardia. Secondo le indagini della Squadra mobile milanese e del pm della Dda Alessandra Cerreti, il clan avrebbe agito sia con arcaici metodi intimidatori, come «teste di maiale» lasciate fuori dalle porte, il «controllo del territorio» col «pizzo», traffici di cocaina e armi, ma anche con la più moderna «vocazione imprenditoriale». Oltre 600 pagine di motivazioni dove la gup Anna Magelli scrive della «ricostituzione della locale di Rho. Pagine in cui si parla di Cristian Bandiera, figlio di Gaetano condannato a 16 anni e 8 mesi.

Imputati assolti dall'associazione finalizzata al narcotraffico

La gup, riconoscendo l'imputazione di associazione mafiosa, ha assolto, gli imputati dall'accusa di associazione finalizzata al narcotraffico, condannando per singoli episodi di spaccio. Per Gaetano Bandiera, difeso dall'avvocato Amedeo Rizza, la Procura aveva chiesto 16 anni ed è arrivata una condanna a 10 anni e 10 mesi, con l'assoluzione anche per alcuni episodi di estorsione e pure dal caso di una presunta falsa invalidità con cui, secondo l'accusa, sarebbe riuscito ad ottenere il differimento pena e ad uscire dal carcere simulando «difficoltà motorie».

Caterina Giancotti, la donna del gruppo condannata a 9 anni e 5 mesi

Caterina Giancotti, la donna del gruppo, è stata condannata a 9 anni e 5 mesi, ma in continuazione con una precedente condanna a 2 anni e 10 mesi. La sua posizione è stata riqualificata da presunto vertice, assieme agli altri, della cosca a 'partecipe' dell'associazione mafiosa.

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