Non solo parole: balbettare, tra emozioni e rinunce

La balbuzie interessa in Italia circa un milione di persone: per superare questa fatica occorre un lavoro sulla persona a 360 gradi

Non solo parole: balbettare, tra emozioni e rinunce
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Che cosa significa balbettare? Cosa c'entrano le emozioni? Quali sono le rinunce più comuni?

L'approccio nella scuola

«In Italia non si lavora sulle emozioni». Così rifletteva Diego Mortalò, maestro della scuola primaria del Collegio San Carlo di Milano, intervistato, insieme ad altri insegnanti, in merito allo stato di salute dell’approccio alla balbuzie nella scuola italiana. Un appunto profondo, non trascurabile, provocante. Perché le emozioni sono parte costituente della persona, sono la fibra vibrante, sono il materiale umano da maneggiare con cura per ottenere il risultato. Le emozioni racchiudono l’universo di un vissuto. Quello di chi balbetta è, spesso, poco sconosciuto e, purtroppo, minimizzato. In fondo, chi, davvero, si è mai chiesto cosa significa balbettare? A rispondere sono gli allievi di Vivavoce Institute, centro milanese d’eccellenza per il trattamento della balbuzie che ogni mese, prima di intraprendere un nuovo percorso rieducativo, raccoglie le testimonianze di bambini, adolescenti e adulti, spesso da anni alle prese con questa fatica.

Balbettare mi fa sentire…

«Diverso, escluso, ridicolo, inutile, vuoto, incompleto, osservato negativamente, a disagio, in difetto». Sono tristi, timidi, impauriti, bloccati, imbarazzati, nervosi, stanchi: «Mi sento piccolo davanti alle situazioni». Si ritrovano a rinunciare ad affrontare gli avvenimenti della vita a causa della vergogna o per la paura di essere derisi. Balbettare rende incompleti senza poter essere se stessi pienamente: «Non posso utilizzare tutte le mie potenzialità».

Ansia, imbarazzo o vergogna

Non poter avere la certezza di una socialità libera dove la comunicazione permette di esprimere il mondo interiore, crea nelle persone fortissima ansia, imbarazzo o vergogna. «Mi fa sentire molto male perché ho in mente tante cose da dire ma non ho la capacità di dirle». Un senso profondo di inadeguatezza e frustrazione dove in un attimo si ha l’impressione di essere in ridicolo e nel posto sbagliato: «Mi fa sentire debole e insicuro. Vorrei finalmente riuscire a fare un discorso senza aver bisogno di cambiare alcune parole con altre per riuscire a non balbettare».

Quando parlare è doloroso

«Fisicamente mi affatica, psicologicamente è indescrivibile». Alla fine parlare è molto doloroso: «Mi fa sentire non all’altezza degli altri che parlano tranquillamente, sto molto male alla fine di una prestazione verbale». Leggere queste emozioni fa tremare: «Balbettare è come se facessi perdere tempo alla persona che ho di fronte». Nessuno, e in nessun contesto, dovrebbe sentirsi così: pur incespicando, pur sobbalzando, oppure in silenzio, siamo meraviglia creata, un bene prezioso da maneggiare con cura, ecco cosa dovrebbe essere la vita di quello che abbiamo di fronte, vicino di banco, gomito a gomito sul lavoro. La balbuzie, però, fa compiere rinunce a volte pesanti come macigni che rendono davvero faticosa la vita.

Una cosa a cui ho rinunciato per non balbettare é…

La parola, quella parola. E non solo. Balbettare significa rinunciare alla vita sociale, ad amici, fidanzati, alle passioni, come la musica o lo sport, alla carriera, sia scolastica, con l’abbandono, sia professionale, perché rende incapaci di mettersi in mostra e valorizzarsi. E ancora, balbettare vuol dire rinunciare a parlare, ad esporre le proprie idee, a fare politica o a fare l’influencer, a mettere le propria intelligenza in azione, come se si fosse nati muti, avvolti nel silenzio. Per non soffrire è meglio tacere e ingoiare il timore di una sconfitta: «Ho rinunciato ad allargare le mie esperienze nel campo sociale, a creare interazioni in ogni campo».

C'è chi dice "Non ho rinunciato a nulla"

Qualcuno ha scritto: «Non ho rinunciato a niente» ma la motivazione in sé è la rinuncia più grande: «Ho sempre cercato di convivere e superare il problema. A scuola rinunciavo a fare domande riuscendo a cavarmela se qualcun altro chiedeva la stessa cosa». Oppure: «Non ho rinunciato a nulla in particolare anche perché fin da bambino ho avuto difficoltà, quindi a prescindere non mi sono fatto illusioni».

Un iceberg di cui vediamo solo la cima

Balbettare è anche questo. Un iceberg, secondo una famosa metafora, di cui solo una piccola parte è visibile al di sopra del livello del mare, mentre la maggior parte rimane al di sotto. Per superare questa fatica, non basta agire sulle emozioni, occorre un lavoro sulla persona a 360 gradi. Ma intanto, conoscerla e capire quanta fatica comporti nella vita quotidiana, aiuta ad accorciare le distanze con chi la vive. Perché la balbuzie in Italia, interessa circa un milione di persone. Non un problema di pochi, insomma.

 

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