DICHIARAZIONI SPONTANEE

Omicidio Ravasio, nuove accuse alla Mantide: arrivano da Oliva e Piazza

Da una parte Fabio, il meccanico accusato di aver sistemato l’autovettura utilizzata per commettere il delitto; dall'altra Mirko, uno dei pali dell'incidente simulato costato la vita al parabiaghese Fabio il 9 agosto scorso. Entrambi hanno ammesso il proprio ruolo accusando Adilma Pereira di aver architettato il piano omicida.

Omicidio Ravasio, nuove accuse alla Mantide: arrivano da Oliva e Piazza
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Nuova udienza del processo davanti alla Corte d'assise del Tribunale di Busto Arsizio che vuole fare luce sull'omicidio di Fabio Ravasio, il parabiaghese morto travolto da un'auto mentre stava rincasando in bicicletta a Parabiago lo scorso 9 agosto, e che ha visto finire alla sbarra otto persone, protagoniste, secondo l'accusa, di un piano omicida realizzato e orchestrato dalla compagna della vittima Adilma Pereira Carneiro per intascarsi l'eredità dell'uomo. Come previsto, si è trattato di un'udienza all'insegna dalle dichiarazioni spontanee di due degli imputati, Fabio Oliva e Mirko Piazza.

fabio ravasio

Fabio Ravasio, la vittima dell'omicidio

Adilma Pereira Carneiro, la "Mantide" di Parabiago

Il meccanico Oliva e il "palo" Piazza hanno reso le loro dichiarazioni spontanee in aula

Nella mattinata di oggi, lunedì 7 aprile, Fabio Oliva e Mirko Piazzahanno infatti ripercorso in aula il giorno del delitto, ricostruendo il proprio ruolo e puntando l'indice su quello avuto da quella che è stata ribattezzata "la mantide di Parabiago". Da una parte, dunque, il meccanico, il 40enne accusato di aver sistemato l’autovettura utilizzata per commettere il delitto, rendendola marciante; dall'altra uno dei pali dell'incidente simulato per l'eredità di Ravasio, 44 anni. Entrambi hanno ammesso le proprie responsabilità rispetto al proprio coinvolgimento nel piano messo in atto quel terribile 9 agosto. Entrambi hanno accusato Pereira di averlo architettato, definendo mansioni specifiche.

Le parole dei legali che riassumono il ruolo effettivo di Oliva

Ma andiamo con ordine. I legali di Oliva, gli avvocati Federico Bonzi e Massimo Schieppati hanno spiegato il contributo effettivo fornito dall'imputato nel piano criminale.

"Il nostro assistito ha spiegato di non aver partecipato al piano e non lo ha premeditato. Il suo ruolo è stato marginale, come peraltro riconosciuto dalla Procura in quanto da mesi sta scontando gli arresti domiciliari con il permesso di lavoro. E ha dato le sue spiegazioni e le sue giustificazioni. Quale è stato dunque il suo ruolo? E' stato chiamato poco prima del fatto per riparare una macchina, che, ha appreso una volta giunto sul posto, sarebbe stata utilizzata per l'omicidio di Fabio Ravasio. In quella sede ha scoperto il fatto. Non poteva inoltre immaginare che tutto questo sarebbe veramente servito per commettere un omicidio. Può essere stata una leggerezza forse, molto grave. Ma non c'era questa consapevolezza effettiva di compiere un atto che avrebbe contribuito e agevolato il fatto che è poi successo". 

Un passaggio della missiva

"Durante i tre mesi di detenzione - ha dichiarato in aula lo stesso Oliva - ho avuto modo di riflettere, pensare e ripensare a quello che ho fatto o avrei dovuto fare. Mi sono sentito in dovere di scrivere una lettera di scuse ai genitori di Fabio, consegnata dal mio avvocato ai legali degli stessi, e credo già agli atti. E' sempre durante la detenzione che sono venuto a sapere degli effettivi ruoli di tutti, chi e che cosa avrebbe dovuto fare, così come, sempre durante la detenzione, ho appreso degli incontri preparatori effettuati prima dell'investimento, a cui non ho mai in alcun modo partecipato. Mi sono impegnato, e ho già formalizzato una proposta di risarcimento tramite i miei legali. So di avere sbagliato e su questo non posso fare altro che assumermi e accettare le conseguenze".

Le confessioni di Piazza

Poco dopo a dire la sua è stato anche Mirko Piazza:

"Mi assumo la piena responsabilità per ciò che ho fatto. Non posso che condannare me stesso per essere stato coinvolto nel piano: ero solo, povero, senza lavoro e vivevo di aiuti della Caritas. Massimo Ferretti (il gestore del bar dove veniva pianificata l'uccisione di Ravasio e che ha già reso le proprie dichiarazioni spontanee e ottenuto gli arresti domiciliari, ndr) lo conoscevo da tempo. Mi trovavo spesso nel suo bar e mi aiutava come poteva: svolgevo per lui piccoli lavoretti. Adilma, invece, l'ho conosciuta al bar tre mesi prima del fatto, e mi ha chiesto di collaborare: io dissi subito di no, anche se non sono riuscito a tenermi fuori da questo piano".

Da qui gli incontri preparatori, nel corso dei quali Piazza ha raccontato di aver ricevuto la promessa di poter vivere nella cascina che la stessa Adilma avrebbe ristrutturato grazie ai soldi che avrebbe ricevuto dall'eredità. Ma non è tutto: tali incontri servirono a rivelare anche la scelta del giorno dell'omicidio tramite un rito brasiliano, di religione Candomblé, e il ruolo che lo stesso Piazza ha esercitato facendo il palo durante il sinistro mortale.

Piazza ha raccontato:

"Il 9 agosto  arrivammo in contemporanea al bar e Adilma ci disse che il giorno dell'omicidio era proprio quello. Io e Fabio Lavezzo (ritenuto il secondo palo, ndr) saremmo dovuti andare a Casorezzo. Io sarei dovuto restare sulle panchine, ma poi mi spostai più avanti perché non vidi nessuno. Lavezzo avrebbe dovuto chiudere la strada. Chiamai Ferretti per chiedergli il colore della bicicletta. E se non erro lui mi disse che era nera. Ma non essendo sicuro provai a ricontattarlo senza successo poiché misi il telefono in modalità aereo. Marcello Trifone (marito di Adilma, ndr) e Igor Benedito (figlio, ndr) si trovavano sulla macchina, con quest'ultimo alla guida. La Opel avrebbe dovuto trovarsi nella stradina del maneggio, secondo Adilma. Igor sarebbe invece intervenuto in un secondo momento. Blanco doveva trovarsi sul ponte della parte opposta e pronto a fingere un malore che sarebbe servito a bloccare traffico. Blanco, con cui avevo deciso di dividere le spese di un appartamento, la sera mi informò che aveva svolto suo compito. Lavezzo poi mi raggiunse e andammo a casa di Ariane (figlia di Adilma, ndr), in via delle Orchidee. In cortile vidi la macchina accidentata. Ariane non voleva assecondare la madre (Adilma, ndr). Sempre Adilma poi ci chiamò per liberarsi dell'auto".

Il mea culpa: "Ogni giorno penso al male che ho fatto ai famigliari"

Ogni giorno, ha continuato Piazza, "penso al male che ho contribuito a fare ai genitori di Ravasio non essendo riuscito a stare fuori dal piano, per questo ho dato piena confessione del mio ruolo e di quanto sapevo già nei primi giorni di interrogatori".

Frasi, queste, a cui hanno fatto seguito quelle indirizzate ai famigliari della vittima:

"Non sono molto bravo con le parole ma sono dispiaciuto per il vostro caro, anche se non lo conoscevo. Non mi rendevo conto, ma non avrei mai potuto fare male a nessuno. Trascinato nella storia, non ho però avuto forza di volontà per starne fuori. Spero possiate accettare le mie scuse, un giorno".

Rigettata la richiesta di costituzione in parte civile dei figli di Adilma

In apertura di seduta, l'avvocato Vittorio Cocito ha illustrato la richiesta depositata il 5 aprile e presentata nell'interesse dei minori, cinque figli di Adilma, per la costituzione in parte civile proprio di questi ultimi nell'ambito del medesimo processo, attraverso il loro tutore Paolo Barani. Ma la Corte d'assise, presieduta da Giuseppe Fazio, l'ha rigettata, in quanto "Le cinque giovani persone offese menzionate nell'istanza hanno potuto avanzare la richiesta di remissione in termine solo dopo la nomina di un tutore. Tale istanza è stata presentata dopo la richiesta di accesso agli atti del pm autorizzata il 24 marzo 2025. A partire da ciascuna di queste date, però, va calcolato il termine di decadenza previsto in 10 giorni (secondo l'articolo 175 del codice di diritto penale). Un termine, questo, che non è stato rispettato". Inoltre, ha continuato il giudice, "la restituzione in termini per costituirsi parte civile può essere riconosciuta soltanto alle persone offese dal reato e non anche dalle mere persone danneggiate".

La prossima udienza

In attesa dell’esito della perizia psichiatrica su Trifone, a cui faranno poi seguito le testimonianze vere e proprie, la prossima udienza è stata fissata per lunedì 5 maggio, alle 9, nell'aula intitolata ai giudici Falcone e Borsellino.

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