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Investì operaio: ex manager dovrà risarcirlo

Sì ai risarcimenti, ma senza una condanna penale

Investì operaio: ex manager dovrà risarcirlo
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Investì operaio: ex manager dovrà risarcirlo. In prescrizione il reato, la Cassazione ha riconosciuto alla vittima e al sindacato un indennizzo economico.

Investì operaio: ex manager dovrà risarcirlo

Sì ai risarcimenti, ma senza una condanna penale. Si chiude così il processo a carico di Tiziano Beretta, bareggese di 66 anni, ex responsabile della manutenzione della Magneti Marelli di Corbetta, oggi in pensione. L’ex dirigente era accusato di lesioni personali per aver investito con l’auto un dipendente durante un presidio sindacale all’esterno dello stabilimento.
Reato ormai estinto per prescrizione, dopo quasi dieci anni di tesissime battaglie legali. Tese come la mattina del 21 ottobre 2011: quel giorno, fuori dalla fabbrica di viale Aldo Borletti, decine di operai, «armati» di bandiere delle sigle sindacali Fiom e Cgil, protestano contro la decisione dei vertici Fiat (alla quale Magneti Marelli forniva componenti elettronici per la divisione automobilistica, prima della cessione a una holding giapponese) di uscire dal contratto nazionale metalmeccanici.
Il presidio iniziò all’alba e proseguì per un paio d’ore senza grossi problemi. Attorno alle 9.30, però, la situazione precipitò. Secondo le ricostruzioni, infatti, due capireparto tentarono di forzare con l’auto il cordone di operai davanti ai cancelli, investendone tre e provocando loro ferite ed escoriazioni. La situazione diventò incandescente e sul posto si precipitarono carabinieri e ambulanze a sirene spiegate. Tra gli scioperanti feriti c’era R.M. che, colpito dall’Alfa Romeo Giulietta del bareggese, finì a terra con un trauma contusivo al ginocchio e la rottura composta della rotula. Prognosi di 21 giorni, certificata dall’Inail e querela contro Beretta, che finì a processo (con rito abbreviato) per lesioni personali.
Nel febbraio del 2016 il gup milanese Guido Salvini condannò l’ormai ex dirigente della Magneti Marelli, ormai in pensione, a due mesi di reclusione con pena sospesa e 12mila euro di risarcimento in favore delle parti civili: 8mila euro all’operaio investito, mentre altri 4mila alla Fiom-Cgil Ticino Olona.
La condanna fu confermata anche dalla Corte d’Appello di Milano, ma non dalla Corte di Cassazione che annullò la sentenza e chiese che, per meglio determinare i fatti, venisse ascoltata la testimonianza di un maresciallo dei carabinieri, presente davanti allo stabilimento in quella fredda mattinata autunnale. L’imputato, infatti, sosteneva di non essersi accorto del capannello di tute blu davanti ai cancelli e di aver spento il motore dell’auto nonostante i manifestanti la colpissero con pugni sulla carrozzeria e calci alle ruote, conditi da urla ingiuriose nei suoi confronti. Invece, secondo la tesi dell’accusa, avvalorata dalla testimonianza del militare, quella di Beretta sarebbe stata una scelta intenzionale, perché «il conducente – scrivono i giudici ­– pur avendo notato l’assembramento, non aveva spento il motore del mezzo ma, al contrario, aveva “sgasato” (cioè alzato i giri del motore)», colpendo l’operaio. Ricostruzione che ha retto anche nella sentenza d’appello-bis, pronunciata il 28 novembre 2018 e che ha convertito la condanna a due anni di carcere in una multa da 15mila euro.
Sentenza poi oggetto di ricorso in Cassazione, dove il caso è stato discusso tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, ormai fuori tempo massimo. La prima sezione penale ha annullato la sentenza perché il reato è estinto per prescrizione, confermando però i risarcimenti alle parti civili (R.M. e Fiom-Cgil), oltre al pagamento di 5mila euro di spese processuali a carico dell’ex dirigente 66enne.

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