Indagine Hydra: 11 persone in carcere e 225milioni sotto sequestro
L’attività di indagine, convenzionalmente denominata “Hydra”, ha riguardato un contesto criminale, operante prevalentemente nel territorio lombardo
Contatto diretto con le organizzazioni mafiose, tra cui per Cosa Nostra, con l'allora latitante Messina Denaro e milioni di euro di giro d'affare. Maxi indagine della Dia fra le province di Milano e Varese.
Indagine Hydra: 11 persone in carcere, 225milioni sotto sequestro
Dalle prime ore della mattinata odierna i Carabinieri del Comando Provinciale di Milano stanno provvedendo alla notifica di 153 avvisi di conclusione indagini preliminari emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Milano nei confronti di altrettanti soggetti, localizzati sull’intero territorio nazionale, in esito ad articolata e complessa attività investigativa condotta dai Nuclei Investigativi di Milano e di Varese.
L’attività di indagine, convenzionalmente denominata “Hydra”, ha riguardato un contesto criminale, operante prevalentemente nel territorio lombardo, in particolare, tra la città di Milano e la sua provincia, la città di Varese e la sua provincia, costituito da soggetti legati alle tre diverse organizzazioni di stampo mafioso cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra, avente una struttura “confederativa orizzontale”.
Nell’ambito di tale contesto criminale, i vertici di ciascuna delle tre componenti mafiose operavano sullo stesso livello, contribuendo alla realizzazione di un vero e proprio “sistema mafioso lombardo”.
Impegnati 600 carabinieri su tutto il territorio nazionale
Nel corso delle attività investigative, inoltre, è emersa la diretta riconducibilità delle componenti associative riferibili a Cosa Nostra - da decenni operanti nella provincia di Milano – all’allora latitante Matteo MESSINA DENARO, del quale erano riferimento diretto in Lombardia.
Nel corso delle operazioni, tuttora in corso, che hanno visto impegnati oltre 600 carabinieri, in ben 60 perquisizioni, sull’intero territorio nazionale, è stata, altresì, data esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Milano, su richiesta della medesima locale Procura Distrettuale, nei confronti di 11 soggetti ritenuti, a vario titolo, responsabili di una parte dei reati riconducibili all’associazione criminale investigata, nonché al sequestro preventivo di società e beni riconducibili agli indagati, per un valore complessivo corrispondente ad oltre 225 milioni di euro.
Il Gip di Milano non ha condiviso l'impianto accusatorio
Va precisato che il Gip del Tribunale di Milano, pur riconoscendo la gravità indiziaria per molti dei reati fine dell’associazione mafiosa (per taluni dei quali non ha ritenuto la sussistenza delle esigenze cautelari), nonché l’esistenza di legami e/o collegamenti tra le tre componenti mafiose (cosa nostra, ndrangheta, camorra), non ha ritenuto di condividere l’impianto accusatorio relativamente all’esistenza di un’unica struttura associativa di stampo mafioso.
La Direzione Distrettuale Antimafia di Milano ha già proposto appello al Tribunale della Libertà di Milano avverso tale decisione.
L’indagine, durata oltre 2 anni, rappresenta, secondo l’impostazione accusatoria, una innovazione nelle acquisizioni investigative nel settore della criminalità organizzata di stampo mafioso operante in Lombardia.
Una vera e propria rete con accordi e affari in comune
Se fino ad ora, infatti, si erano registrate collaborazioni estemporanee e più o meno durature tra le associazioni mafiose tradizionali, talvolta tra loro antagoniste nella spartizione del territorio e di porzioni di “mercato”, l’attività di indagine Hydra, secondo l’impostazione accusatoria, ha consentito l’emersione di un accordo tra le diverse componenti (cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra): un sistema di cointeressenze multi strutturate composto da gruppi tra loro disomogenei, ma associati attraverso l’apporto comune di capitali, la predisposizione di mezzi, la messa a disposizione di risorse umane ed economiche, la massimizzazione e condivisione - attraverso sofisticate manovre finanziarie comprensive di plurime cessioni di ingenti falsi crediti di imposta e false fatturazioni per operazioni inesistenti, tramite un complesso sistema di società intestate a prestanome, alcune della quali con sede in territorio estero, in particolare, in Gran Bretagna (Londra) e USA (Delaware) - dei proventi illeciti derivanti dalla commissione di una serie indeterminata di delitti (armi, stupefacenti, estorsioni ed altro).
I settori in cui proliferava
L’associazione mafiosa, secondo l’impostazione accusatoria, ha acquisito direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attività economiche, in particolare, nel settore logistico, nel settore edilizio (con particolare riferimento al cd. Ecobonus), nel settore sanitario (con particolare riferimento alle forniture legate all’emergenza Covid, alle procedure di sanificazione, al servizio ambulanza per trasporto dializzati), nel settore delle piattaforme e-commerce, della ristorazione, del noleggio auto, della gestione di parcheggi aeroportuali, del settore petrolchimico (con particolare riferimento alla importazione di gasolio) e importazione di materiali ferrosi.
L'acquisizione di appalti pubblici e privati
L’attività di indagine ha, altresì, consentito l’emersione, da parte della associazione mafiosa, del controllo del territorio mediante interventi per la risoluzione di controversie scaturenti da affari illeciti e/o leciti, di contatti con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale, bancario, in modo da attenerne favori, notizie riservate, erogazione di finanziamenti, del condizionamento, in talune circostanze, del libero esercizio del voto, di una costante infiltrazione nel tessuto economico/sociale, al fine di alterare e condizionare il libero mercato per la massimizzazione dei profitti dell’associazione, dell’acquisizione di appalti pubblici e privati, anche attraverso l’attivazione di canali istituzionali opportunamente e preventivamente compulsati, del reinvestimento di proventi illeciti provenienti dalla commissione di reati in attività economiche lecite, al fine di occultarne la provenienza delittuosa, attraverso un complesso sistema di società intestate a prestanome, in particolare, mediante l’impiego di oltre 54 società operanti in diversi settori che a diverso titolo e con diverse modalità sono risultate a disposizione dei vertici del “gruppo”.