Cornaredese nel centralino per l'emergenza Coronavirus

Andrea Citterio caposquadra della Protezione civile cornaredese.

Cornaredese nel centralino per l'emergenza Coronavirus
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Un cittadino cornaredese nel centralino per l'emergenza Coronavirus.

Emergenza Coronavirus

Anche il cornaredese Andrea Citterio al lavoro nella squadra di supporto al centralino impegnata a rispondere alle domande dei cittadini lombardi sul Coronavirus.
Il caposquadra della Protezione civile di Cornaredo è stato coinvolto da Areu, Azienda regionale emergenza e urgenza, e dal coordinamento regionale per contribuire alla gestione del contagio. Dopo la diffusione del virus c’è stata una enorme richiesta di informazioni da parte dei cittadini. Tanto che i centralini del 112 sono andati in tilt: non per il numero di persone che avessero necessità di gestire un’urgenza, ma per chiedere informazioni.

112 intasati

Un’indicazione data inizialmente dalla stessa Regione, che però quando il contagio si è diffuso non è più stata gestibile: centralini del 112 intasati e il concreto rischio che non si potesse inviare un’ambulanza a soccorrere una persona perché l’operatore era impegnato a dare informazioni sul virus. Si è dunque passati a una nuova soluzione: la creazione di un numero verde specifico ed esclusivo per ricevere informazioni in merito al virus, sulla prevenzione e sui numerosi dubbi sorti in questi giorni.

50 volontari per rispondere

«Eravamo circa cinquanta volontari impegnati al centralino, naturalmente dopo essere stati formati nei giorni precedenti per riuscire a fornire risposte corrette, rapide e gestire al meglio la situazione e anche le emozioni di chi chiamava per ricevere informazioni».
Andrea Citterio ha svolto il turno mercoledì 26 e proseguirà anche nei giorni seguenti quando necessario. «Le telefonate sono state tantissime, soprattutto nei primi giorni. Una dietro l’altra: un continuo squillare. All’altro capo del telefono semplici cittadini ma anche aziende che avevano necessità di saper come comportarsi magari dopo aver avuto dei propri dipendenti al lavoro e nelle zone rosse. In generale, ho sempre parlato con persone abbastanza tranquille, anche se in alcuni casi si trattava di situazioni serie con alte possibilità di contagio. Non ho notato panico ma una grande necessità di informazioni. C’era chi voleva sapere come poter fare il tampone e chi invece a fronte di un mal di pancia voleva sapere come comportarsi. Ma anche chi voleva sapere se fosse possibile andare a fare una vacanza di alcuni giorni in Valle D’Aosta. Come operatori telefonici noi abbiamo fornito informazioni su cosa si poteva fare e cosa invece era sconsigliato, mai su trattamenti o farmaci: nella sala sono sempre stati presenti medici a cui in caso di necessità veniva passata la telefonata per fornire informazioni specifiche».

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