Dal Tribunale

Condanna definitiva per l’imprenditore che produceva le camicie verdi della Lega

Domenico Grosoli «ha tratto in errore il funzionario dell’ufficio doganale di Vittuone».

Condanna definitiva per l’imprenditore che produceva le camicie verdi della Lega
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È diventata definitiva la condanna a 8 mesi e 12 giorni di reclusione per Domenico Grosoli, 77 anni, imprenditore del settore tessile noto per essere stato negli anni ’90 il principale produttore delle celebri camicie verdi, le «divise» indossate dai militanti della Lega Nord a ogni congresso o raduno del partito.

Condannato l'imprenditore che produceva le camicie verdi

Nato nel ’43 a Modena, Grosoli è ancora oggi attivo nel settore dell’abbigliamento con due società, la «Zippy Group Srl» e la «Zippy Srl» di Spresiano (Treviso). E sono proprio queste due società a legare il nome dell’imprenditore 77enne a Vittuone: in qualità di legale rappresentante delle due aziende, Grosoli è stato infatti condannato per aver «tratto in errore il funzionario dell’ufficio doganale di Vittuone» di via Restelli «sull’origine comunitaria di beni esportati in Svizzera, comportante un consistente abbattimento daziario, portandolo ad apporre il visto sui certificati di circolazione» e «facendogli attestare così falsamente l’origine delle stesse», si legge negli atti processuali.
Per questi e altri fatti Grosoli, difeso dall’avvocato Giorgio Gargiulo, è stato condannato in primo grado il 16 ottobre 2019 dal Tribunale di Milano. La sentenza è stata poi parzialmente confermata dalla Corte d’Appello meneghina lo scorso 22 luglio e ora anche dalla Cassazione, che nei giorni scorsi ha depositato le motivazioni della condanna, rendendo così definitiva la pena. Secondo i giudici, la condotta di Grosoli sarebbe andata avanti per più anni con «plurime esportazioni di notevoli quantitativi di merce, risultate tutte false tranne una».

Vittuone finisce nelle carte dell'inchiesta

Stando a quanto emerso durante il dibattimento, le indagini sull’attività dell’imprenditore sarebbero partite «dopo aver ricevuto la segnalazione dalla Svizzera in merito al mancato pagamento del dazio per le operazioni» di esportazione partite dall’ufficio della Sezione operativa territoriale dell’Agenzia delle Dogane di Vittuone. I prodotti tessili esportati, spacciati per prodotti realizzati in Ue, sarebbero in realtà stati acquistati da fornitori in Cina e in India. Dopo il passaggio in dogana, i prodotti sarebbero poi transitati verso il Paese elvetico trasportati da una nota azienda di logistica internazionale sita al confine tra Vittuone e Arluno.
Il 77enne, che ha restituito 1.386 euro di dazi evasi, nel suo ricorso aveva provato a difendersi sostenendo di non essere stato a conoscenza delle operazioni doganali e puntando sull’inattendibilità di alcuni testi dell’accusa. Ricorso dichiarato «inammissibile» dalla Suprema Corte, che lo ha condannato anche al pagamento di 3mila euro alla Cassa delle ammende. Nel 2016 il nome di Grosoli era infine comparso insieme a quello della moglie nei «Panama Papers», la grande inchiesta sulle società offshore nel mondo, per via di un’azienda registrata nel paradiso fiscale delle Isole Vergini britanniche.
Alessandro Boldrini

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