Arese, Gira un film in città: "Lo presenterò a New York"

Arese, Gira un film in città: "Lo presenterò a New York"
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ARESE - Gira un film ad Arese per presentarlo alla «New York film academy». Protagonista di questa piccola «follia» è Gilberto Federico Giuliani, 29 anni, di Arese. Da Arese a New York il passo è lungo. Come sei arrivato lì? «Sono nato e cresciuto qui, dove ho fatto tutte le scuole. Poi mi hanno preso al Piccolo di Milano, l’accademia teatrale. Uscito da lì ho girato “L’assoluto presente”, di Fabio Martina e poi mi hanno preso come protagonista per fare un film sul bullismo con Marco Foschi. Conosco questo ragazzo sul set che ha studiato a Los Angeles. Così l’hanno scorso sono andato là anch’io, per tre mesi. Quindi si sono susseguiti un film con Lo Cascio, una tournée e il Milano in 48 ore - Instant Movie Festival. Per questa manifestazione ho provato a fare il regista, dovevamo girare un corto. Mi sono divertito come un pazzo».

E poi finalmente la Grande Mela... «Sì. Praticamente sono appena tornato. Lì ho frequentato la “New York film academy”. Così ho capito che il mio sogno era quello di raccontare storie. In quattro giorni, con una squadra fantastica, abbiamo finito». Nel frattempo arriva l’estate e sei tornato in Italia. «Sì e ho capito che se in tre giorni avevo girato un corto, in tre mesi avrei potuto girare un film! Non ho soldi, solo telecamere e luce. E ho chiesto chi volesse partecipare a questa follia. Il nostro piano è arrivare a New York con un film e vedere se qualcuno vuol produrlo».  

Come mai hai scelto proprio Arese come location? «Questa è la città dove sono nato, conosco un po’ tutti e solo qui posso trovare scorci interessanti, senza rompere le scatole a nessuno. Qui posso creare un’illusione magica con quel poco che ho». Pensi che qui in Italia il cinema e il teatro abbiamo ancora un futuro? «Assolutamente sì. Non conta la nazionalità e dove giri il film, c’è solo pianeta Terra. Invece di lamentarci dobbiamo impegnarci a sfruttare quello che abbiamo. Fondamentalmente voglio imparare e solo così posso farlo». Hai sempre avuto la passione per il cinema? «Sì, in più mi divertivo anche a disegnare, tipo graphic novel. Mi piaceva raccontare storie, come un menestrello». 

La tua famiglia ti ha sostenuto in questa carriera? «All’inizio no. Mi hanno detto: “Ma dove vuoi andare?”. Non si fidavano di me; me lo sono dovuto sudare. Ho dovuto spiegargli con i fatti che potevo farcela. E ce l’ho fatta. Ora, quando vedono quello che ho fatto, si commuovono». Hai già altri progetti in mente? «Sì, anche perché questa storia non è quella che avrei voluto raccontare davvero, ma quella che potevo realizzare con i pochi fondi che avevo».

 


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