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100 sindaci alla Regione: "Potenziare la sorveglianza medica territoriale"

Il documento è stato sottoscritto anche dal primo cittadino di Pero Maria Rosa Belotti.

100 sindaci alla Regione: "Potenziare la sorveglianza medica territoriale"
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100 sindaci alla Regione: nella giornata di oggi, i primi cittadini dell'area metropolitana di Milano (incluso il primo cittadino Beppe Sala) hanno deciso di scrivere a Regione Lombardia per chiedere - durante quella che si sta profilando come seconda fase dell'emergenza Coronavirus - di potenziare la sorveglianza di medicina territoriale, a beneficio di tutti i cittadini di un'area- appunto quella metropolitana- che conta 3.260.000 abitanti.

100 sindaci alla Regione: "Potenziate la sorveglianza medica"

E' una lettera sottoscritta da sindaci di diverso orientamento politico e partitico, ideata non contro qualcuno ma a favore di qualcosa. E' una lettera propositiva, sottoscritta anche da Maria Rosa Belotti Sindaco di Pero. Di seguito, il testo integrale del documento.

"Attraverso l’art. 8 del il Decreto Legge n.14 del 9 marzo 2020 il Governo ha previsto, entro 10 giorni dalla firma dell’atto, l’istituzione da parte delle Regioni e delle Province Autonome di Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA) - nella misura di 1 ogni 50.000 abitanti - per una gestione domiciliare dei pazienti Covid (dimessi dalle strutture ospedaliere o mai ricoverati) o con sintomatologia simil-influenzale di cui non è nota l’eventuale positività.

Tali squadre, attive 7 giorni su 7 e operanti in stretta sinergia con i Medici di Medicina Generale, rivestono un ruolo centrale nella gestione dell’epidemia nei territori, garantendo agli affetti da Covid la necessaria assistenza specifica extraospedaliera, quindi presso ovvero in prossimità del proprio domicilio, e, conseguentemente, alleggerendo la domanda e il ricorso al ricovero ospedaliero. Attraverso il monitoraggio di temperatura corporea ed ossigenazione del sangue dei pazienti in telemedicina, è inoltre possibile intercettare per tempo quei malati le cui condizioni potrebbero precipitare a stretto giro, influendo così notevolmente sulla possibilità di successo di un possibile ricovero.

In attuazione di tale decreto, Regione Lombardia ha previsto, attraverso la delibera 2986 del 23 marzo 2020, l’istituzione di Unità Speciali di Continuità Assistenziale nel quadro di una sorveglianza sindromica in grado di coprire almeno il 4% della popolazione di ogni distretto e considerando che “ogni Usca può gestire di norma 20 accessi domiciliari nelle 12 ore”.

Alla luce della popolazione residente, nella Città Metropolitana di Milano dovrebbero essere operative 65 USCA, mentre risulta che - per tutta l’ATS di Milano (comprendente anche Lodi) - ne siano state attivate solamente 8 alla data del 3 aprile.

E’ del tutto evidente che, con questi rapporti ogni Unità dovrebbe farsi carico di bacini di oltre 400.000 persone, rendendo di fatto inattuabile la fondamentale sorveglianza territoriale che l’epidemia da Covid-19 richiede. Più in dettaglio, infatti, riducendo la platea dei pazienti interessati ai soli positivi secondo gli ultimi numeri forniti da ATS, ogni USCA dovrebbe monitorare addirittura 1.600 casi.

A ciò si aggiunga che abbiamo rilevato, confrontandoci con i diretti interessati, che molto spesso i medici di medicina generale trovano poco chiare le modalità di attivazione e che, quando le USCA vengono rese operative, gli interventi non sono tempestivi e spesso non se ne riceve nessun tipo di riscontro.

Da settimane i medici del territorio offrono la loro collaborazione, segnalando le criticità ed aggiornando il portale Covid anche attraverso l’inserimento di nuovi casi ma lamentano che a questa loro attività non segue un lavoro coordinato di verifica.

Questo quadro denota da un lato la grande fatica di tutto il sistema di sorveglianza sul territorio, dall’altro il suo inadeguato livello di coordinamento.

Siamo inoltre preoccupati dal fatto che proprio in questi giorni stanno scadendo le quarantene di numerosi pazienti, messi in isolamento per aver presentato una sintomatologia fortemente sospetta per infezione da SARS-CoV-2. Abbiamo appreso nelle scorse ore della possibilità che le loro quarantene vengano prorogate fino al 3 maggio. Questo sarebbe un passo in avanti rispetto alle situazioni in essere, ma il problema si ripresenterebbe alla nuova scadenza.

La riammissione di tutte le persone messe in quarantena, infatti, è basata su un criterio assolutamente generico e soprattutto la ripresa dell’attività lavorativa, avvenendo senza una verifica, espone ad un reale pericolo di contagio, non soltanto in ambiente sanitario, con la possibilità di un secondo picco epidemico".

La richiesta dei sindaci

Alla luce di quanto esposto i sindaci chiedono di:

"Rafforzare con urgenza la rete delle USCA, garantendone almeno una per ambito territoriale, dotandole di adeguato personale ed investendo sulla loro stretta connessione con i medici di medicina generale, che devono essere coinvolti attraverso protocolli sanitari operativi chiari, anche attraverso un potenziamento della piattaforma, avvalendosi delle risorse stanziate con il decreto-legge 9 marzo 2020 n. 14 (disposizioni finanziarie).

Garantire ai medici di medicina generale i dispositivi di protezione individuale necessari e di dotazioni strumentali, quali i saturimetri, quanto mai indicati per lo screening ed il monitoraggio dell’epidemia;
Chiarire in modo definitivo le modalità di accesso al tampone per i pazienti, garantendo la presa in carico dei casi segnalati come sospetti dai medici di medicina generale.

Effettuare i tamponi per il Covid-19 a tutte le persone che hanno terminato la quarantena, comprendendo anche i sospetti positivi, in modo da verificarne l’effettiva guarigione e la possibilità di riammissione.

Procedere a un’ulteriore fornitura di mascherine a favore dei cittadini, alla luce del fatto che la precedente spedizione ai comuni non ha coperto tutta la popolazione e che probabilmente dovremo indossare questi DPI anche nelle prossime settimane. Ci auguriamo che, sulla base di queste proposte, sia possibile avviare una collaborazione istituzionale che, coinvolgendo i Comuni e le reti civiche e associative indispensabili a favorire l’adesione dei cittadini alle disposizioni ed a sostenere le persone in difficoltà, consenta di accelerare l’uscita dall’emergenza sanitaria".

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