Settimo

La villa confiscata intitolata a Rita Atria

Domani la cerimonia a Seguro

La villa confiscata intitolata a Rita Atria
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«Villa Rita Atria – Una Casa che accoglie».

Rita Atria

Sarà questo il nome che d’ora in poi porterà quella che una volta era conosciuta come Villa Maria. La villa confiscata alla criminalità organizzata a Seguro sarà ora intitolata a Rita Atria. «L’Amministrazione Comunale di Settimo Milanese intende fare proprio il sacrificio di Rita Atria, dedicandole la villa confiscata alla criminalità organizzata di via Stephenson e mettendola a disposizione della collettività».

Intitolazione

L’intitolazione si terrà sabato 6 aprile, alle 12, con un momento di ritrovo in via Stephenson 10.
«Figlia di un boss mafioso, Rita decide di collaborare con la giustizia e per questo viene isolata, poiché per molti – e per la sua stessa famiglia – è un disonore mantenere legami con chi ha rotto il muro dell’omertà. Rita si lega al magistrato Paolo Borsellino in cui trova un secondo padre e le sue rivelazioni permettono l’arresto di molti mafiosi appartenenti a varie cosche; per questo è costretta a trasferirsi a Roma, in località segreta e sotto falso nome, e a vivere una vita completamente isolata dal resto del mondo. “Bisogna rendere coscienti i ragazzi che vivono nella mafia – scriveva Rita – che al di fuori c’è un altro mondo, fatto di cose semplici ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di quello o perché hai pagato per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare? Se ognuno di noi prova a cambiare forse ce la faremo”. La morte di Borsellino nella strage di via D’Amelio arriva inesorabile a distruggere questo sogno e la segna definitivamente, così Rita decide di togliersi la vita per il dolore a soli 17 anni. Una storia tragica che parla però di riscatto e di speranza, di fiducia nei giovani e in una vita pulita senza compromessi, che vince anche la morte perché “Gli uomini passano, ma le idee restano e camminano sulle gambe di altri uomini”» scrive l’amministrazione comunale, ribadendo il messaggio lanciato oltre trenta anni fa dal giudice Giuseppe Falcone e riportato anche nel murales che arricchisce la biblioteca comunale.

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