Settimo

Il bene confiscato sarà intitolato a Rita Adria

La villa confiscata a Seguro porterà il nome della giovane testimone di giustizia siciliana

Il bene confiscato sarà intitolato a Rita Adria
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Il bene confiscato alla criminalità organizzata di Seguro sarà intitolato a Rita Adria, collaboratrice di giustizia che si tolse la vita nel 1992, pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio in cui morì Paolo Borsellino.
E’ la decisione presa dalla giunta comunale di Settimo Milanese guidata dal sindaco Sara Santagostino, che nel 2018 accolse a titolo gratuito nel proprio patrimonio la villetta di via Stephenson 10 destinata a diventare un alloggio temporaneo per in situazioni di emergenza.

Bene confiscato

Lo scorso 12 marzo la giunta comunale ha determinato l’intitolazione dell’immobile a Rita Atria, testimone di giustizia che si tolse la vita a 17 anni ad una settimana dalla strage di via D'Amelio in cui perse la vita il magistrato antimafia Paolo Borsellino.
Una targa commemorativa verrà posizionata nella villetta per ricordare a tutti la vicenda della giovanissima testimone di giustizia siciliana.

Rita Adria

La storia di Rita Adria non viene spesso citata. E’ considerata la settima vittima della strage di via D’Amelio.
Classe 1974, Rita era figlia di Vito Atria, ucciso nel 1985 da clan rivali così come pochi anni dopo accadde al fratello. «Morti il padre e il fratello, rifiutata dalla madre e dalla sorella, lasciata dal fidanzato Calogero, Rita nel novembre 1991 incontrò il magistrato Paolo Borsellino (all'epoca Procuratore a Marsala), a cui si legò come a un secondo padre. Le rivelazioni di Rita e di sua cognata Piera permisero l'arresto di svariati appartenenti alle cosche di Partanna, Sciacca e Marsala. Per questo fu costretta a trasferirsi a Roma, in località segreta e sotto falso nome, e a vivere una vita completamente isolata dal resto del mondo» si legge nella biografia pubblicata dal gruppo Gariwo, «Gardens of the Righteous Worldwide».

«La morte di Borsellino nella strage di Via D’Amelio del 19 luglio 1992 segnò definitivamente la sua vita. Rita decise di togliersi la vita per il dolore: il 26 luglio 1992 si lanciò dal settimo piano di un palazzo in viale Amelia 23, a Roma. Lasciò scritto sul suo diario: “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma io l'unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”».

Via Stephenson

La giovane per anni fu «dimenticata», con la sua stessa città natale e la madre che ne cancellò il ricordo in quanto testimone di giustizia.
Negli anni, grazie all’impegno di associazioni e cittadini, la sua storia è diventata esempio di come, in particolare i giovani, possano essere fonte di cambiamento e di riscatto se ascoltati e coinvolti dalle istituzioni.
Il nome della «Picciridda», come la chiamava Borsellino, la cui lapide per anni fu danneggiata al cimitero di Partanna in primis dalla stessa madre, ora sarà impressa per sempre a Seguro, nella villetta che fu casa di condannati per associazione a delinquere e che ora diventerà un luogo di riscatto sociale per persone in situazione di emergenza.

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